Il giornalista siracusano Giuseppe Fava, detto Pippo, venne freddato a Catania da 5 colpi di pistola calibro 7,65. Era il 5 gennaio del 1984. Derubricato a omicidio passionale e successivamente per motivi economici, trascorsero dieci anni prima che venisse riconosciuta la matrice mafiosa, sancita nel 2003 dalla definitiva condanna all'ergastolo del boss Nitto Santapaola, come mandante, e di Aldo Ercolano, come esecutore. All'epoca dissero che i proiettili che lo uccisero non erano usati dalla mafia. "La mafia a Catania non esiste", annunciarono le più alte cariche cittadine.
Giuseppe Fava iniziò la sua carriera giornalistica scrivendo di tutto. L'esordio, dopo la laurea in giurisprudenza e collaborazioni minori, all'Espresso Sera nel 1956. La passione per il giornalismo lo portò a Roma, dove condusse la trasmissione di Radiorai Voi e io, e sempre nella Capitale collaborò con il Corriere della Sera e con Il Tempo. Negli anni Ottanta tornò a Catania, dove diventò direttore del Giornale del Sud, un giornale coraggioso che denunciava Cosa Nostra, ma la permanenza di Fava non durò molto. La gestione venne affidata a una nuova cordata di imprenditori e il giornalista licenziato.
Da qui il suo progetto più ambizioso, “I Siciliani”, una rivista di inchieste e reportage su attività illecite, imprenditori venduti, amministrazioni comprate. Celebre l'intervista con Enzo Biagi, nel corso della quale pronunciò parole lapidarie come queste: «Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione». Otto giorni dopo, l'esecuzione davanti alla redazione del giornale.
fm
Giuseppe Fava iniziò la sua carriera giornalistica scrivendo di tutto. L'esordio, dopo la laurea in giurisprudenza e collaborazioni minori, all'Espresso Sera nel 1956. La passione per il giornalismo lo portò a Roma, dove condusse la trasmissione di Radiorai Voi e io, e sempre nella Capitale collaborò con il Corriere della Sera e con Il Tempo. Negli anni Ottanta tornò a Catania, dove diventò direttore del Giornale del Sud, un giornale coraggioso che denunciava Cosa Nostra, ma la permanenza di Fava non durò molto. La gestione venne affidata a una nuova cordata di imprenditori e il giornalista licenziato.
Da qui il suo progetto più ambizioso, “I Siciliani”, una rivista di inchieste e reportage su attività illecite, imprenditori venduti, amministrazioni comprate. Celebre l'intervista con Enzo Biagi, nel corso della quale pronunciò parole lapidarie come queste: «Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione». Otto giorni dopo, l'esecuzione davanti alla redazione del giornale.
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