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5 gennaio 1984: la mafia uccide il giornalista Pippo Fava

5 gen 2018
Pippo Fava
Pippo Fava
Il giornalista siracusano Giuseppe Fava, detto Pippo, venne freddato a Catania da 5 colpi di pistola calibro 7,65. Era il 5 gennaio del 1984. Derubricato a omicidio passionale e successivamente per motivi economici, trascorsero dieci anni prima che venisse riconosciuta la matrice mafiosa, sancita nel 2003 dalla definitiva condanna all'ergastolo del boss Nitto Santapaola, come mandante, e di Aldo Ercolano, come esecutore. All'epoca dissero che i proiettili che lo uccisero non erano usati dalla mafia. "La mafia a Catania non esiste", annunciarono le più alte cariche cittadine.

Giuseppe Fava iniziò la sua carriera giornalistica scrivendo di tutto. L'esordio, dopo la laurea in giurisprudenza e collaborazioni minori, all'Espresso Sera nel 1956. La passione per il giornalismo lo portò a Roma, dove condusse la trasmissione di Radiorai Voi e io, e sempre nella Capitale collaborò con il Corriere della Sera e con Il Tempo. Negli anni Ottanta tornò a Catania, dove diventò direttore del Giornale del Sud, un giornale coraggioso che denunciava Cosa Nostra, ma la permanenza di Fava non durò molto. La gestione venne affidata a una nuova cordata di imprenditori e il giornalista licenziato.

Da qui il suo progetto più ambizioso, “I Siciliani”, una rivista di inchieste e reportage su attività illecite, imprenditori venduti, amministrazioni comprate. Celebre l'intervista con Enzo Biagi, nel corso della quale pronunciò parole lapidarie come queste: «Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione». Otto giorni dopo, l'esecuzione davanti alla redazione del giornale.

fm

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