“Sono responsabile di una truffa ma non ho nulla a che fare con la camorra”. Flavio Pelliccioni ha ricostruito con puntualità, di fronte ai magistrati campani, il suo contatto con le persone che successivamente, alla filiale romana dell’Unicredit, hanno ottenuto il finanziamento da 5 milioni e mezzo di euro.
“E’ sereno – commenta il suo legale, Alessandro Petrillo – convinto di aver chiarito tutto”. Nel carcere di Bellizzi Irpino, ad Avellino, c’erano i magistrati titolari dell’inchiesta ma anche il procuratore della Dda di Napoli, Antonello Ardituro. E’ stato lui a rivolgere il maggior numero di domande a Pelliccioni, che ha risposto senza esitazioni. “Un fiume in piena – lo definisce l’avvocato – preciso e circostanziato”. L’imprenditore sammarinese ha raccontato ai giudici di essere stato contattato da un persona di sua conoscenza, e di aver successivamente incontrato, a Roma, un ingegnere incaricato di gestire un importante progetto edilizio. “Ho fatto per loro una fidejussione – ha dichiarato agli inquirenti – ma in realtà si trattava di un documento fasullo”. Un bidone, insomma, un raggiro per intascare denaro e poi scomparire. Solo allora, Pelliccioni, ha saputo di avere a che fare con la camorra ed ha temuto per la sua incolumità. La decisione della banca romana di affidare comunque quei 5 milioni e mezzo di euro, ha sorpreso pure lui. “Quel documento – ha detto oggi nell’interrogatorio – era visibilmente irregolare”. Ma i funzionari hanno finanziato ugualmente l’ingente somma, dietro pressioni dell’onorevole Nicola Cosentino, sostengono i pm napoletani. Con quella cifra l’imprenditore Nicola Di Caterino, considerato organico al clan dei casalesi, avrebbe dovuto acquisire i terreni per la costruzione del centro commerciale "Il Principe" a Villa Briano. Pelliccioni ha svelato di essere stato oggetto di minacce per quel bidone tirato ai casalesi, e fornito ai magistrati la sua versione delle intercettazioni telefoniche. Fiducioso l’avvocato Petrillo, che spera la prossima settimana la procura possa anche decidere di scarcerare il suo assistito.
Sergio Barducci
“E’ sereno – commenta il suo legale, Alessandro Petrillo – convinto di aver chiarito tutto”. Nel carcere di Bellizzi Irpino, ad Avellino, c’erano i magistrati titolari dell’inchiesta ma anche il procuratore della Dda di Napoli, Antonello Ardituro. E’ stato lui a rivolgere il maggior numero di domande a Pelliccioni, che ha risposto senza esitazioni. “Un fiume in piena – lo definisce l’avvocato – preciso e circostanziato”. L’imprenditore sammarinese ha raccontato ai giudici di essere stato contattato da un persona di sua conoscenza, e di aver successivamente incontrato, a Roma, un ingegnere incaricato di gestire un importante progetto edilizio. “Ho fatto per loro una fidejussione – ha dichiarato agli inquirenti – ma in realtà si trattava di un documento fasullo”. Un bidone, insomma, un raggiro per intascare denaro e poi scomparire. Solo allora, Pelliccioni, ha saputo di avere a che fare con la camorra ed ha temuto per la sua incolumità. La decisione della banca romana di affidare comunque quei 5 milioni e mezzo di euro, ha sorpreso pure lui. “Quel documento – ha detto oggi nell’interrogatorio – era visibilmente irregolare”. Ma i funzionari hanno finanziato ugualmente l’ingente somma, dietro pressioni dell’onorevole Nicola Cosentino, sostengono i pm napoletani. Con quella cifra l’imprenditore Nicola Di Caterino, considerato organico al clan dei casalesi, avrebbe dovuto acquisire i terreni per la costruzione del centro commerciale "Il Principe" a Villa Briano. Pelliccioni ha svelato di essere stato oggetto di minacce per quel bidone tirato ai casalesi, e fornito ai magistrati la sua versione delle intercettazioni telefoniche. Fiducioso l’avvocato Petrillo, che spera la prossima settimana la procura possa anche decidere di scarcerare il suo assistito.
Sergio Barducci
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