Magri, pallidi, con le divise da carcerati, senza avvocati, né familiari. Così sono apparsi in aula gli imputati per le proteste seguite all’elezione di Ahmadinejiad. Il capo dell’opposizione Moussavi definisce le ritrattazioni arrivate durante il processo, frutto di torture medioevali. Un processo “farsa”, anticostituzionale anche per l’ex presidente Khatami. Chiara la reale intenzione del governo: quella cioè di creare un’occasione per dimostrare da un lato la propria solidità in vista del giuramento di Ahmadinejad, il 5 agosto, e dall’altro – secondo Moussavi - il complotto ordito per rovesciare le basi della Repubblica Islamica. La prima confessione era arrivata da Mohammad Ali Abtahi, ex vicepresidente di Khatami. “Ho sbagliato a prendere parte alle manifestazioni, l’elezione di Mahmoud Ahmadinejad è stata pulita e senza brogli, sono gli altri che hanno tradito”, aveva dichiarato. Insieme a lui, tra un centinaio di manifestanti (altri dieci quelli messi sotto processo oggi) vi sono anche Mohsen Mirdamadi, capo del Fronte islamico per la partecipazione; Bahzad Nabavi, ex vice presidente del Parlamento e Mohsen Aminzadeh, ex vice ministro degli Esteri, tutti accusati di aver sobillato la folla che dal 12 giugno scorso contesta i risultati delle elezioni presidenziali. Quanto accade al processo, afferma Moussavi, “è solo il goffo preparativo per il lancio del decimo governo. Si aspettano che il tribunale, già esso stesso illegale, provi che non furono commessi brogli elettorali”.
Silvia Pelliccioni
Silvia Pelliccioni
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