Dal 20 aprile - giorno dell’incidente - 4,9 milioni di barili, equivalenti a 780 milioni di litri di greggio, sono finiti in mare avvelenando irreparabilmente le calde acque del Golfo del Messico. Di questi, sono stati recuperati soltanto 127 milioni di litri, vale a dire 800 mila barili. Il resto è andato disperso oppure è stato “sciolto” dagli oltre 7 milioni di litri di solventi a suo tempo rovesciati sulla gigantesca macchia nera, e che secondo gli ambientalisti hanno arrecato più danni che benefici. E’ la stima ufficiale comunicata dalle autorità americane e che dà perfettamente il senso di una catastrofe senza precedenti. Il team di scienziati e ingegneri federali voluto dalla Casa Bianca per affiancare l’unità di crisi predisposta da BP ha valutato che al 15 luglio, giorno in cui è stato messo il tappo al pozzo Macondo, 53 mila barili di petrolio al giorno si sono riversati in mare. Una cifra ben lontana e ben più grave di quella fornita dalla compagnia petrolifera, che in un primo momento parlò di perdite giornaliere contenute tra i 1.000 e i 5.000 barili quotidiani. Intanto, oggi “l’inizio della fine” con l’operazione “Static Kill” per chiudere definitivamente il pozzo. Ma non c’è consolazione: l’ecosistema continuerà a pagare per sempre le conseguenze del disastro.
Silvia Pelliccioni
Silvia Pelliccioni
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