Milizie di nuovo in combattimento in Libia, hanno causato almeno 5 morti. Per il presidente francese però, le elezioni devono tenersi a dicembre.
Sono tornate a darsi battaglia, le milizie di Tripoli che ieri hanno causato almeno 5 morti e 33 feriti. Secondo l'emittente libica Al Ahrar però, sarebbe stato raggiunto un accordo preliminare per un cessate il fuoco. La situazione è comunque caratterizzata da forte instabilità, anche se secondo il presidente francese, Emmanuel Macron, la cosa migliore da fare sarebbe portare la Libia alle urne già a dicembre.
Una scadenza relativamente ravvicinata che l'Italia ritiene prematura.
Gli scontri erano nell'aria da giorni, vedono protagonista la “Settima Brigata”, o “Kanyat”, una milizia poco nota, basata a Tarhuna, una città a novanta chilometri circa a sud est di Tripoli. A contrastarla, una coalizione di milizie al momento fedeli al premier Fayez Al Sarraj: le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli. E' in questo quadro che Macron ha ribadito la propria determinazione a portare avanti l'accordo concluso, anche se solo a parole, fra Sarraj e il generale Khalifa Haftar, prevedendo le elezioni per il 10 dicembre. Non ci sono però, secondo il presidente del consiglio italiano Conte, i requisiti di stabilizzazione vera della Libia, né le adeguate garanzie evocate dal presidente un paio di settimane fa. E quasi a conferma di ciò arrivano le parole di Papa Francesco, riportate dal quotidiano cattolico Avvenire, dopo aver visto immagini dei migranti sull'orrore dei lager libici, realizzati coi telefonini e diffusi da chi ne è uscito vivo: il pontefice ha voluto vedere filmati dove c'erano botte, minacce, mutilazioni e uccisioni: “Prima di riportarli indietro – ha commentato – pensateci bene”.
Francesca Biliotti
Sono tornate a darsi battaglia, le milizie di Tripoli che ieri hanno causato almeno 5 morti e 33 feriti. Secondo l'emittente libica Al Ahrar però, sarebbe stato raggiunto un accordo preliminare per un cessate il fuoco. La situazione è comunque caratterizzata da forte instabilità, anche se secondo il presidente francese, Emmanuel Macron, la cosa migliore da fare sarebbe portare la Libia alle urne già a dicembre.
Una scadenza relativamente ravvicinata che l'Italia ritiene prematura.
Gli scontri erano nell'aria da giorni, vedono protagonista la “Settima Brigata”, o “Kanyat”, una milizia poco nota, basata a Tarhuna, una città a novanta chilometri circa a sud est di Tripoli. A contrastarla, una coalizione di milizie al momento fedeli al premier Fayez Al Sarraj: le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli. E' in questo quadro che Macron ha ribadito la propria determinazione a portare avanti l'accordo concluso, anche se solo a parole, fra Sarraj e il generale Khalifa Haftar, prevedendo le elezioni per il 10 dicembre. Non ci sono però, secondo il presidente del consiglio italiano Conte, i requisiti di stabilizzazione vera della Libia, né le adeguate garanzie evocate dal presidente un paio di settimane fa. E quasi a conferma di ciò arrivano le parole di Papa Francesco, riportate dal quotidiano cattolico Avvenire, dopo aver visto immagini dei migranti sull'orrore dei lager libici, realizzati coi telefonini e diffusi da chi ne è uscito vivo: il pontefice ha voluto vedere filmati dove c'erano botte, minacce, mutilazioni e uccisioni: “Prima di riportarli indietro – ha commentato – pensateci bene”.
Francesca Biliotti
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