“Nel settembre 2015 è andato a Mosca e ha cenato con Putin. Dopo ha cominciato a tenere strettissimi rapporti con i russi e ha ricevuto 500.000 dollari da Erdogan, con l'idea di aiutare la Turchia ad avere un amico alla Casa Bianca”. Questo, secondo Alan Friedman – in un'anticipazione della puntata questa sera di “Questa non è l'America” -, uno dei motivi per cui Michael Flynn avrebbe scelto di collaborare, nell'inchiesta Russiagate. L'alternativa, insomma, poteva essere un'incriminazione per alto tradimento. “La mia ammissione di colpevolezza – ha detto ieri l'ex consigliere per la sicurezza - riflette una decisione che ho preso nell'interesse della mia famiglia e del nostro Paese”. Flynn – sostengono alcuni – sarebbe preoccupato per la situazione del figlio. “Era diventato famoso per tweet razzisti – ricorda Friedman -. Potrebbe rischiare galera, ecco perché il padre ha deciso di collaborare”. Due, i colloqui con l'ambasciatore Kislyak, sui quali Flynn avrebbe mentito all'FBI. Nel primo avrebbe fatto pressioni sul diplomatico russo per aiutare Stati Uniti ed Israele a bloccare, all'ONU, una risoluzione di condanna degli insediamenti in territorio palestinese. Nel secondo l'ex generale avrebbe chiesto a Mosca di evitare ritorsioni, in risposta alle sanzioni verso la Russia, annunciate da Obama. Di tutto ciò Flynn non aveva fatto menzione neppure al vicepresidente Pence, e nel febbraio era stato costretto a dimettersi. Anche per questo, probabilmente, la Casa Bianca dichiara di non essere coinvolta. A favore di Trump, poi, vi è un clamoroso errore di ABC, il cui scoop – ieri - aveva fatto crollare i mercati per qualche ora. “Flynn – ha precisato oggi l'emittente - si prepara a testimoniare che Donald Trump gli ha chiesto di contattare i russi come presidente eletto”, e non come “candidato”. La differenza è sostanziale, perché l'indiscrezione riportata inizialmente da ABC implicava azioni illegali da parte di Trump, che in queste ore può sorridere anche per il via libera, del Senato, alla riforma fiscale da lui fortemente voluta. 51 voti a favore, 49 contrari. L'esito, alla vigilia, non era affatto scontato, viste le perplessità di alcuni senatori repubblicani. Il testo prevede un taglio delle tasse di quasi 1.500 miliardi di dollari e dovrà ora essere armonizzato con una riforma fiscale già approvata, dalla Camera dei Rappresentanti, a metà novembre.
Riproduzione riservata ©