Se nel merito della vicenda è difficile entrare per chiunque non sia direttamente coinvolto nelle operazioni, e il buon senso impone di attendere gli esiti dell’inchiesta e il pronunciamento della magistratura circa le eventuali responsabilità individuali, quello che lascia perplessi è il metodo, il modo con il quale uno dei fermati, il commercialista sammarinese Stefano Venturini, sia stato posto in stato di fermo giudiziario. La prassi avrebbe voluto che, in osservanza alle norme della convenzione di amicizia e buon vicinato del 1939, in vigore fra Italia e San Marino, si fosse adottata una procedura specifica, prevista nei casi di urgenza o di arresto provvisorio. Passi formali da compiere nel rispetto della sovranità dei due paesi e dei rispettivi cittadini, oltrechè in stretto accordo e collaborazione fra le forze dell’ordine dopo aver espletato precisi passaggi diplomatici. In questo caso così non è avvenuto. Stefano Venturini, stando alle dichiarazioni dei famigliari, è stato attirato in territorio italiano con l’inganno, convocato in una caserma dei carabinieri con uno stratagemma e qui trattenuto per ben altre ragioni. Una procedura quantomeno discutibile che non solo non rispetta le relazioni fra due stati ma oltretutto non fa onore a chi la mette in atto. “Abbiamo visto altre volte comportamenti simili durante indagini italiane, spesso contestati apertamente – dichiara il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Fiorenzo Stolfi - ma noi che abbiamo forte il senso della democrazia e del rispetto dei diritti non possiamo accettare vengano adottati quando si tratta di nostri concittadini. Vogliamo vederci chiaro e non mancheremo – aggiunge – di compiere i passi conseguenti”.
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