Libertà di opinione e diritto di critica sono strumenti fondamentali di democrazia. Con l'estrema diffusione del web il loro utilizzo è massiccio, perché più semplice ed immediato, si creano in fretta opinioni di massa sugli eventi più disparati. Vedi social network, dove il rischio però è sempre quello di ledere la reputazione di qualcuno. E' pur vero che l'antico concetto di onore, come si intendeva 50 anni fa, va progressivamente riducendosi proprio in favore delle libertà di critica e di opinione: la tendenza è tollerare di più che possa essere compromesso l'onore di qualcuno se chi agisce intende diffondere un'opinione. Ma quando lo strumento di comunicazione è usato per diffondere insulti, spacciandoli per opinioni, la musica cambia. Scrivere che qualcuno prende tangenti non è diffondere un'opinione, ma riportare un fatto. E se il fatto è falso, scatta la diffamazione. Ne sa qualcosa anche Beppe Grillo, tanto per citare i più noti, condannato per aver definito “tangentista” l'ex sindaco di Asti, o Francesco Gangemi, direttore di un mensile calabrese, che a 79 primavere è finito addirittura in carcere. La legislazione di San Marino tutela chi ritiene di aver subìto diffamazione a mezzo stampa, che comprende anche internet, come conferma la condanna definitiva, la prima che riguardi il web nel penale, a carico di Marco Severini per quanto scritto sul suo sito nei confronti del giornalista Antonio Fabbri de “L'Informazione”. Il codice penale è del '74, internet non esisteva, ma il legislatore ha fornito un'ampia definizione di “comunicazione sociale” nell'articolo 149, quando parla di “riproduzione o rappresentazione del pensiero o delle informazioni a scopo di pubblica comunicazione mediante stampa, radio, tv, pubblici spettacoli o altri mezzi del genere”. Internet rientra chiaramente in questi “altri mezzi”. L'articolo 185 del codice penale poi, il cosiddetto “libello famoso”, punisce la diffamazione a mezzo di comunicazione.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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