Ieri sera la prima conferenza organizzata dall’Apas sulla vivisezione, per iniziare a dibattere anche nella Repubblica di San Marino un tema tanto delicato quanto sconosciuto. Un argomento difficile quello della sperimentazione animale. Relatori provenienti dall’Italia hanno approfondito l’argomento sia dal punto di vista etico che medico-scientifico, motivando le ragioni che fanno sì che sempre più persone si oppongano a questo tipo di esperimenti. Ogni anno, solo in Italia, più di 900.000 animali, circa 3.000 al giorno, trovano la morte nei laboratori di ricerca medica. Trecento milioni quelli torturati e uccisi in tutto il mondo.
Argomento difficile quello della vivisezione. Da anni scuote le coscienze non solo di chi lotta per difendere i diritti degli animali. A battersi contro la tortura che condanna a morte tra indicibili sofferenze milioni di animali ogni anno, non ci sono solo gli animalisti. Anche a voler sottacere le motivazioni etiche, che pure non sono secondarie, è un dato di fatto che sempre più docenti universitari, ricercatori, medici, primari ospedalieri dicano no alla sperimentazione animale. Gli stessi sostenitori della vivisezione si trovano in imbarazzo, anzi loro stessi, pur continuando inesorabilmente a praticarla, ne ammetterebbero l’inutilità e la pericolosità per la salute dell’uomo. Ragioni legali e potenti interessi economici, dal mondo accademico all’industria, all’indotto che generano, ha spiegato Marina Berati, tra i massimi esperti in Italia di antivivisezionismo, le cause che continuano ad alimentare il mercato della sperimentazione animale. 'Assolutamente ingiustificato', ha poi ribadito, spiegando le ragioni che da un punto di vista strettamente scientifico rendono inutile, anzi pericoloso, per la salute dell’uomo il trasferimento dei dati ricavati dalla sperimentazione sugli animali. Poi l’intervento di Sara D’Angelo, presidente dell’Associazione Animalista 'Vita da Cani', che si occupa del recupero degli animali impiegati nella sperimentazione che ha illustrato il progetto ”DL4: recupero dei beagles da laboratorio”, che lei stessa coordina.
Argomento difficile quello della vivisezione. Da anni scuote le coscienze non solo di chi lotta per difendere i diritti degli animali. A battersi contro la tortura che condanna a morte tra indicibili sofferenze milioni di animali ogni anno, non ci sono solo gli animalisti. Anche a voler sottacere le motivazioni etiche, che pure non sono secondarie, è un dato di fatto che sempre più docenti universitari, ricercatori, medici, primari ospedalieri dicano no alla sperimentazione animale. Gli stessi sostenitori della vivisezione si trovano in imbarazzo, anzi loro stessi, pur continuando inesorabilmente a praticarla, ne ammetterebbero l’inutilità e la pericolosità per la salute dell’uomo. Ragioni legali e potenti interessi economici, dal mondo accademico all’industria, all’indotto che generano, ha spiegato Marina Berati, tra i massimi esperti in Italia di antivivisezionismo, le cause che continuano ad alimentare il mercato della sperimentazione animale. 'Assolutamente ingiustificato', ha poi ribadito, spiegando le ragioni che da un punto di vista strettamente scientifico rendono inutile, anzi pericoloso, per la salute dell’uomo il trasferimento dei dati ricavati dalla sperimentazione sugli animali. Poi l’intervento di Sara D’Angelo, presidente dell’Associazione Animalista 'Vita da Cani', che si occupa del recupero degli animali impiegati nella sperimentazione che ha illustrato il progetto ”DL4: recupero dei beagles da laboratorio”, che lei stessa coordina.
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