Domenica prossima, 26 settembre, saremo chiamati a votare il referendum propositivo che chiede di riconoscere il diritto alla donna di interrompere la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente in caso di pericolo di vita della donna o gravi malformazioni del feto.
Stiamo assistendo in questi giorni di campagna referendaria, all’emersione di recrudescenze antistoriche, mistificatorie, dogmatiche e discriminatorie che si nascondono dietro la bandiera della “difesa della vita”, come se questo referendum fosse “pro” o “contro” la vita e come se ci fosse qualcuno che la disprezzi.
Abbiamo assistito basiti all’uso strumentale prima di ragazzi con disabilità, poi di bambine sessualizzate, a notizie palesemente false (come l’aborto al nono mese) affiancati a messaggi che nulla hanno a che fare con ciò su cui le cittadine e i cittadini sammarinesi sono chiamati ad esprimersi domenica prossima.
Area Democratica sostiene fermamente il Comitato Promotore e il quesito referendario perché è arrivato il momento di fare i conti con un fenomeno - quello dell’interruzione di gravidanza - che a San Marino esiste. Non è criminalizzando la donna e chi l’aiuta che si difende la vita. Non è “lavandosene le mani” che non esiste. Non è invocando il “principio di territorialità” che si azzera il problema.
Il 26 giugno scorso, il Parlamento Europeo ha accolto la mozione-rapporto “Matic” per cui l’aborto è un diritto ed è fondamentale garantirlo e ricorda anche che un divieto totale di assistenza all'aborto - o la negazione dell'assistenza stessa - è una forma di violenza di genere.
Attualmente a San Marino, avendo ben due articoli del Codice Penale che ne delineano il reato e la pena, non solo risultiamo più integralisti dell’ Arabia Saudita - che sappiamo non essere proprio un paese “amico” delle donne - la quale ha disciplinato l’aborto, ma non facciamo niente affinché queste donne vengano assistite.
Colpevoli perché vogliono che sia garantita loro l’integrità del proprio corpo, che peraltro rientra nella definizione di “autodeterminazione”.
Per chi è contrario al quesito, la “difesa della vita” è imprescindibile dentro i nostri 60 km2, poi se la donna va di nascosto in Italia, alzano le mani.
È chiedere tanto non essere discriminate? È chiedere troppo veder riconosciuti dei diritti fondamentali alle nostre concittadine?
l tema del referendum è essere “pro” o “contro” il diritto di scegliere, di essere tutelate e seguite, qualunque scelta si faccia. "Pro” o “contro” a dare reale sostegno alle donne - e alle famiglie - che si trovano a scegliere.
Rifiutando il quesito referendario non si salvaguardia la vita, ma si impone una visione parziale a tutte, insultando chi una gravidanza l’ha cercata ma per il rischio della propria vita, o davanti ad una situazione infausta, le è stato consigliato di abortire, chi è vittima di violenza, chi ha usato i contraccettivi ma hanno fallito. Ogni situazione è unica e merita che lo Stato non sia l’ipocrita che punta il dito, ma dia il necessario sostegno, qualunque scelta si decida di portare avanti.
Se l'obiettivo di tutti è evitare che ci siano molti aborti, non è lasciando tutto così com’è che il fenomeno sparisce (in questo modo rimane clandestino, rimane relegato fuori dal campo visivo), ma solo attraverso una normativa che lo regolamenti sarà possibile capirne la portata, le cause e mettere in piedi un quadro normativo che parta dall’eduzione alla sessualità, passando per la contraccezione, i consultori, la privacy e tutto ciò che è necessario ad avere una legge completa.
I diritti civili, al pari dei diritti umani, hanno una peculiarità unica: tutelano tutti e non obbligano nessuno. Per questo come Area Democratica sosteniamo convintamente il Sì al referendum del prossimo 26 settembre. Insieme alle donne, per non lasciarle sole nello loro scelte, qualunque esse siano. Insieme per i diritti uguali per tutti.
Comunicato stampa
Area Democratica