“In fondo se l’è andata a cercare”, “poverino, era stressato”, “certo, anche lei non era uno stinco di santo”, “troppo bella per uno come lui”, “ma come era vestita?”, sono solo alcune delle frasi che si sentono riportare, purtroppo a volte anche da mezzi di informazione o da rappresentanti delle istituzioni, per giustificare un fatto atroce. Pensieri radicati in un modello patriarcale di società che vede la donna penalizzata e che spesso percepisce anche solo la maternità come handicap impedendo alle donne di poter accedere alla carriera lavorativa sulla base della propria formazione e capacità. Un modello che vede la donna, anche se fortunatamente sempre meno, come un gradino sotto alle capacità maschili. Il 25 novembre è un giorno che si tinge del colore del sangue delle ferite di Gessica, Lucia, Anna, Maria, Claudia, e di tutte quelle donne che non vorrebbero mai comparire come “casi” da Filo Rosso. La convenzione ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne, che risale ormai ai primi anni ’90, identifica questo tipo di violenza come “Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata.” R.E.T.E. da sempre ha sostenuto la parità fra le persone indipendentemente dal genere e dall’orientamento e quindi lotta e continuerà a lottare per mutare il modello culturale che ancora giustifica la violenza contro le donne o che fa sì che esse avvengano, purtroppo ancora in numero elevato. Il nostro modello di società rigetta la discriminazione e la violenza, che sia fisica o sotto altre forme. La lotta deve vedere coinvolte Istituzioni, forze di polizia, società civile, servizi sanitari, associazioni e molti altri soggetti, per far sì che il sogno che il 25 novembre, prima o poi, torni semplicemente ad essere il giorno in cui il calendario gregoriano celebra Santa Caterina d’Alessandria e non debba più sottolineare martiri contemporanei. Il Movimento R.E.T.E. invita tutte le vittime di violenza a non tacere, ma a denunciare, a cercare la protezione che lo Stato deve loro, alla loro dignità, ai loro figli, al loro futuro e al loro essere persone, uguali per diritto a ogni altro essere umano.
c.s. Movimento RETE