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MIS: “Patria o muerte. Venceremos”

13 apr 2019
MIS: “Patria o muerte. Venceremos”

“Patria o muerte. Venceremos”, non è il grido di battaglia di qualche formazione ultranazionalista di matrice ispanica, era la frase con cui solitamente il più celebre idolo politico del lontano ‘68 concludeva le sue lettere; oggi vanno rivendicate parole che nella sinistra non avevano quasi più corso, almeno dagli anni Settanta: Patria e Nazione. Socialismo e patriottismo formavano di fatto una coppia indivisibile. Solo chi è in malafede confonde l’idea compiutamente reazionaria di patria, propria delle destre, con quella espressa dal socialismo, che lo spagnolo Pablo Iglesias di Podemos qualche anno fa interpretava così: “la patria non è una spilletta sulla giacca, non è un braccialetto, la patria è quella comunità che assicura che si proteggano tutti i cittadini, che rispetta le diversità nazionali, che assicura che tutti i bambini, qualunque sia il colore della loro pelle, vadano puliti e ben vestiti a una scuola pubblica, la patria è quella comunità che assicura che i malati vengano assistiti nei migliori ospedali con le migliori medicine, la patria è quella comunità che ci permette di camminare verso un paese migliore”. Purtroppo, si è perduta la continuità con la tradizione storica del Movimento operaio italiano, e paradossalmente oggi i nemici dei lavoratori tentano di contestare il patriottismo dei socialisti, invocando il loro “internazionalismo” e presentandolo come una vocazione cosmopolita, dando per scontata una conseguente indifferenza e disprezzo per la patria. È una calunnia. In molti osservano il nodo della sovranità nazionale vedendone la causa della crisi dell’Unione Europea, mentre è il prodotto di quella crisi. Il recupero dell'idea di Patria, che qui proponiamo, si pone a giusta distanza tanto dal nazionalismo, quanto dal globalismo. Avendo chiarito, quindi, che ci sentiamo prima sammarinesi che europei, non possiamo non commentare l'ultimo incontro negoziale dell’accordo di associazione, avvenuto nei giorni scorsi a Bruxelles, ed alle preoccupazioni che ne derivano. Ci auguriamo che il Segretario agli Esteri abbia fatto suo questo retaggio, che è storico per San Marino, “nemini teneri”, non dipendere da nessuno, in un momento segnato proprio dalla reazione ad un tentativo di superamento degli stati nazionali, imposto da un’Europa che si è fatta teatro di promesse non mantenute. Se il Segretario, per esempio, si impegna - come ha detto - a salvaguardare il lavoro e l'occupazione, allora fa la cosa giusta, e non deve indietreggiare di un passo; le politiche europee hanno contribuito a rafforzare il dominio del capitale sul lavoro, intensificando tassi e ritmi di sfruttamento, favorendo delocalizzazioni e aumentando la disoccupazione. I diritti e le libertà che ci offre l’Europa, invece, andrebbero sempre vincolate al senso profondamente umano del limite, alla dignità della persona e al rispetto della natura. Il Paese va sensibilizzato e coinvolto, in considerazione del fatto che il negoziato è ben più articolato di come lo si rappresenta; esiste il problema dell’accesso al credito, esiste quello del debito enorme che abbiamo accumulato, e che non deve pregiudicare la nostra sovranità per essere smaltito, la libera circolazione dei cittadini comunitari ovvero il potenziale problema della sicurezza, e così via. Si è oramai giunti alla fase conclusiva dell’accordo: i cittadini sammarinesi devono poter dire la loro.

Comunicato stampa
MIS


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