Oggi in Afghanistan quattro milioni di donne incinte, o che allattano, soffrono di malnutrizione acuta. Molti afghani non possono accedere a cure mediche salvavita. Le strutture sanitarie faticano a far fronte alla crescente domanda e la disponibilità di servizi di base è una lacuna critica. L’Afghanistan è inoltre uno dei luoghi al mondo che sta subendo maggiormente le conseguenze della crisi climatica: c’è in corso la peggiore siccità degli ultimi trent’anni. Oltre alla grave insicurezza alimentare il territorio è contaminato da mine e ordigni esplosivi e ci sono gravi restrizioni alla libertà di movimento. Aumentano costantemente la violenza di genere e i matrimoni precoci. In un paese in cui tra il 60% e l’80% dei matrimoni sono forzati, i casi di violenza sessuale sono la quotidianità. Ma per mortificare le donne questo non è abbastanza... L’Afghanistan è l’unico paese al mondo con divieti sull’istruzione femminile: i talebani hanno bandito le donne dall’Università e da agosto 2021 alle ragazze è stato proibito di frequentare oltre la sesta elementare. Le donne vivono una vera “apartheid di genere”, con una sistematica e istituzionalizzata discriminazione. Nel 2023, a pochi giorni dal secondo anniversario della presa del potere, due nuovi editti hanno colpito la libertà di espressione: il primo riguarda la musica che causerebbe “corruzione della morale” e ha portato a roghi di strumenti musicali, il secondo ha portato alla messa al bando dei saloni di bellezza con la revoca della licenza a circa tremila saloni di Kabul. Tali attività erano tra le poche a predominanza femminile, fornivano degli spazi sicuri per incontrarsi e rappresentavano, in alcuni casi, l’unica fonte di reddito per molte famiglie. “Sembra che i talebani non abbiano alcun piano politico se non quello di concentrarsi sui corpi delle donne”, è stato il commento alla notizia di una donna afghana alla Bbc. Le donne hanno risposto alle restrizioni protestando negli anni scorsi, ma la loro condizione è sempre più drammatica. Dall’ascesa al potere nell’agosto 2021 a oggi il governo dei talebani ha emesso oltre un centinaio di decreti, di cui 2 su 3 rivolti alle donne. Oggi fra i mille divieti, ad esempio quello di non poter prendere un taxi o una camera in albergo senza un uomo, una donna non può più parlare ad alta voce in pubblico o usare scarpe con i tacchi che farebbero rumore e potrebbero attirare attenzione. I talebani obbligano le donne ad essere silenziose e invisibili: viene da chiedersi per quale motivo abbiamo così tanta paura della voce femminile. La condanna di questa schiavitù di genere trova ancora poco spazio nelle sedi istituzionali di tutto il mondo e sarebbe importante che San Marino, attraverso i propri organismi diplomatici, condannasse il regime teocratico e si schierasse in modo deciso e inequivocabile dalla parte delle vittime.
C.s. Unione donne sammarinesi