Un saggio di Michele Chiaruzzi, studioso dell’università sammarinese, uscito ieri nei Quaderni di scienza politica pubblicati da Il Mulino di Bologna, è tra i più letti degli ultimi mesi sulla piattaforma italiana per le scienze umane e sociali (https://www.rivisteweb.it). Intitolato Il ciclo di guerra della Seconda Repubblica, muove da un’osservazione empirica: la guerra ha segnato l’intero corso della Seconda Repubblica italiana, benché ciò sia stato spesso trascurato o incompreso. Dalla ricerca risalta un dato nella storia della Seconda Repubblica: in tutte le legislature le autorità italiane hanno assunto decisioni di guerra, coinvolgendo l’Italia in conflitti bellici a seguito dell’Alleanza atlantica o degli Stati Uniti d’America. Si tratta, appunto, di un ciclo di guerra. Quella vicenda nazionale, considerata nel quadro delle relazioni transatlantiche e dell’alleanza che ne è stata il caposaldo dal 1949, reca un bilancio sensazionale: il primo attacco armato da belligerante; la prima azione militare “fuori area”; il più alto numero di caduti dalla fine della seconda guerra mondiale; il più lungo impegno bellico nella storia italiana e americana. È un bilancio legato alle guerre di Bosnia (1992), Serbia e Kosovo (1999), Afghanistan (2001) e Iraq (2003), le quali, insieme alla guerra di Libia (2011), formano infine, con gradi varianti di durata e d’intensità, il ciclo di guerra della Seconda Repubblica. Una prima riflessione su questo tema di ricerca fu presentata a Roma in un convegno organizzato dalla Fondazione De Gasperi presso l’Università LUMSA che ha coinvolto, oltre a studiosi come Lorenzo Ornaghi, Paolo Pombeni e Sergio Fabbrini, i politici dell’epoca, tra i quali Pier Ferdinando Casini, Pierluigi Castagnetti, Fabrizio Cicchitto, Massimo D’Alema, Paolo Gentiloni, Ignazio La Russa e Roberto Maroni, moderati da Bruno Vespa.
Comunicato stampa