Di seguito riportiamo il messaggio che il Vescovo Andrea Turazzi ha voluto rilasciare a commento dell’invito che Papa Francesco ha fatto di accogliere una famiglia di profughi in ogni Parrocchia.
Domenica scorsa il Papa ha rivolto un appello a parrocchie, monasteri, santuari perché accolgano una famiglia di profughi: qualcosa di personale. Il Papa non abbandona la presa e sferza le coscienze. L’appello è rivolto alle comunità religiose che sono in Italia e in Europa, ma lo sguardo del Papa abbraccia il mondo. Vede il dramma da un punto d’osservazione privilegiato e unico. Di fronte alla tragedia epocale che si sta consumando, sente l’urgenza di non mancare ad un appuntamento decisivo con la storia. Proclama il valore della fraternità universale: accogliere è anche un segno di lungimiranza politica.
E in Italia, parrocchie, istituzioni e comunità sono già impegnate fattivamente. L’appello del Papa le incoraggia. Anche la nostra diocesi, attraverso la Caritas, si è mossa. Il vescovo, durante l’estate scorsa, ha manifestato alle autorità la disponibilità della comunità diocesana in tal senso. E la rinnova ora al Santo Padre. E’ e dovrà essere un’azione realista, intelligente, affrontata in accordo con i servizi sociali e con il coinvolgimento della comunità.
Onore anche a chi si sente inquietato dall’appello del Papa che, comunque, ci aiuta a vivere il Vangelo. L’accoglienza dovrà essere adeguata e questo induce alla prudenza. Credo si possa applicare alla circostanza la parabola evangelica che stigmatizza la sprovvedutezza di chi ha iniziato la costruzione di una torre e poi abbandona il campo… La comunità cristiana che accoglie i profughi offre loro una testimonianza di fede. Nel rispetto verso la loro fede e la loro cultura fa conoscere il Cristo che Risorto vive nella sua Chiesa. Insomma, come è stato scritto in questi giorni, non basta commuoversi, bisogna muoversi!
(+ Andrea Turazzi)
Domenica scorsa il Papa ha rivolto un appello a parrocchie, monasteri, santuari perché accolgano una famiglia di profughi: qualcosa di personale. Il Papa non abbandona la presa e sferza le coscienze. L’appello è rivolto alle comunità religiose che sono in Italia e in Europa, ma lo sguardo del Papa abbraccia il mondo. Vede il dramma da un punto d’osservazione privilegiato e unico. Di fronte alla tragedia epocale che si sta consumando, sente l’urgenza di non mancare ad un appuntamento decisivo con la storia. Proclama il valore della fraternità universale: accogliere è anche un segno di lungimiranza politica.
E in Italia, parrocchie, istituzioni e comunità sono già impegnate fattivamente. L’appello del Papa le incoraggia. Anche la nostra diocesi, attraverso la Caritas, si è mossa. Il vescovo, durante l’estate scorsa, ha manifestato alle autorità la disponibilità della comunità diocesana in tal senso. E la rinnova ora al Santo Padre. E’ e dovrà essere un’azione realista, intelligente, affrontata in accordo con i servizi sociali e con il coinvolgimento della comunità.
Onore anche a chi si sente inquietato dall’appello del Papa che, comunque, ci aiuta a vivere il Vangelo. L’accoglienza dovrà essere adeguata e questo induce alla prudenza. Credo si possa applicare alla circostanza la parabola evangelica che stigmatizza la sprovvedutezza di chi ha iniziato la costruzione di una torre e poi abbandona il campo… La comunità cristiana che accoglie i profughi offre loro una testimonianza di fede. Nel rispetto verso la loro fede e la loro cultura fa conoscere il Cristo che Risorto vive nella sua Chiesa. Insomma, come è stato scritto in questi giorni, non basta commuoversi, bisogna muoversi!
(+ Andrea Turazzi)
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