“La pubblicazione delle videoregistrazioni di Carrirolo costituisce uno dei tanti esempi di quella politica del dossieraggio che ha a lungo imperversato nel Paese con un sistema di ricatti reciproci volto a zittire l'avversario spesso solo con argomenti pruriginosi piuttosto che con la forza delle idee”. Così recita un passaggio della sentenza di archiviazione con cui il giudice Alberto Buriani mette la parola fine su un caso che da un lato tanto ha fatto discutere l'opinione pubblica e dall'altro ha scosso gli equilibri interni di un partito, portando alla nascita di una nuova corrente politica. Nessun voto di scambio dunque tra i consiglieri del Partito Socialista, Simone Celli, Alessandro De Biagi e Alessandro Mancini - protagonisti a loro insaputa, insieme a Germano De Biagi, del video in questione - e Gianluigi Carrirolo. Quasi un anno fa furono gli stessi esponenti socialisti a presentare un esposto alla magistratura per fare luce sulla vicenda. Nel filmato, realizzato personalmente da Carrirolo, l'uomo chiedeva il consolato in Libia come contropartita ad un centinaio di voti che avrebbe potuto fornire al Ps. Offerta a cui sia i politici coinvolti e, a questo punto, sia le toghe non hanno mai attribuito alcuna credibilità, considerandola una boutade. In ogni caso, è il codice penale a chiarire ogni incertezza poiché – come riporta una parte di sentenza pubblicata da Tribuna - non si tratta “neppure di un tentato reato”: “non è infatti sufficiente una promessa o un'offerta rivolta a un proprio collaboratore affinché procacci i voti di elettori rimasti estranei all'accordo”. “Si chiude così una delle pagine più dolorose e sofferte del mio impegno politico – commenta ora con sollievo il segretario del Ps che, insieme a De Biagi e Mancini, ha atteso in silenzio l’esito delle indagini nella convinzione della liceità del comportamento osservato in quel frangente. “Riconosco lo sbaglio di aver peccato in quanto a superficialità, leggerezza e faciloneria – conclude Celli - e di questo non posso far altro che assumermene la responsabilità”.
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