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Riciclaggio, assolto in appello l'ex direttore Carisp Simoni. Era stato condannato nell'inchiesta in cui 'rispuntarono' i soldi del lodo Imi Sir

Il suo legale Berti, che lo ha difeso insieme a Mazzacuva: "mi sono sentito, da cittadino sammarinese, di dovergli chiedere scusa"

10 feb 2022

Assolto in appello l'ex direttore di Cassa di Risparmio Luca Simoni. Era stato condannato per una vicenda di riciclaggio in cui 'rispuntarono' i soldi del lodo Imi Sir. “Come cittadino sammarinese ho chiesto scusa a Luca Simoni per quanto è stato costretto a subire nella nostra Repubblica” così, con ancora un fondo di amarezza, l'avvocato Gian Nicola Berti commenta l'assoluzione in appello del suo assistito, Luca Simoni. Insieme all'avvocato Nicola Mazzacuva, Berti ha difeso l'ex direttore di Cassa di Risparmio nel processo che in primo grado, nel maggio 2019, aveva visto la condanna di Simoni insieme al commercialista Gabriele Bravi Tonossi, ed al barone svizzero Edoardo Dollfus, per una vicenda di riciclaggio di 15 milioni e 700 mila euro, che secondo l'accusa derivavano dal clamoroso caso di corruzione giudiziaria passato alla storia in Italia con il nome “ lodo Imi Sir”.

Vicenda che si intrecciò ad una esposizione di Cassa di Risparmio a favore delle società del gruppo Acqua Marcia, caratterizzata da manovre affinché le operazioni non riconducessero Francesco Bellavista Caltagirone e Rita Rovelli e che si concluse con tre condanne pesanti: 4 anni e 6 mesi per Simoni e Bravi Tonossi e 4 anni ed 1 mese per Dollfus. In appello però Luca Simoni è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”: l'ex direttore Carisp non era presente in aula al momento della lettura della sentenza, ed ha accolto la notizia con emozione e sollievo: una vicenda questa che l'ha segnato umanamente e professionalmente, dal momento che un per un manager di banca è impossibile trovare un lavoro legato alla propria professione con una condanna per riciclaggio.

Per Dollfus, che aveva patteggiato a Milano in un processo che riguardava anche questa vicenda è stato riconosciuto il “ne bis in idem internazionale”, mentre è stata confermata la condanna a Bravi Tonossi e la confisca dei 10 milioni e mezzo sequestrati.





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