È stato un vero e proprio braccio di ferro quello che ha portato al rinnovo del contratto dei bancari. Dopo mesi di mobilitazioni, culminati in uno sciopero durato ben otto giorni, alla fine la svolta è arrivata. I dipendenti hanno approvato il rinnovo del contratto collettivo. Il precedente accordo era scaduto nel 2010 e i bancari erano tra gli ultimi a rimanere senza un contratto adeguato al costo della vita. Ad affiancarli le tre sigle sindacali Csdl, Cdls e Usl, insieme ai membri delle Rsa di Bac, Banca di San Marino e Carisp. Ha detto “sì” il 97,5% dei 290 lavoratori votanti.
Con il rinnovo i dipendenti riceveranno un aumento del 3% per il 2023, del 3% per il 2024 e dell'1,5% nel 2025, insieme a una tantum del 2% calcolata sul reddito del 2022. Rivalutate anche altre voci economiche.
“Siamo soddisfatti”, commenta Gianluigi Giardinieri, segretario generale aggiunto Cdls con delega alle banche, che però non risparmia stoccate agli istituti. “Se ci fosse stata più disponibilità dalle controparti – rimarca – forse si sarebbe giunti a questo risultato senza costringere i lavoratori ad incrociare le braccia”. Sindacati soddisfatti a metà, dunque.
Marco Santolini, segretario Federazione Servizi e Commercio Usl, sottolinea che non si è riusciti a ottenere un'indennità per bancari che svolgono operazioni rischiose legate alle normative antiriciclaggio.
Matteo Missiroli, funzionario Federazione Costruzioni e Servizi Csdl, segnala che la cifra una tantum sui redditi del 2022 penalizzerà chi, in quell'anno, ha avuto una retribuzione minore per aspettative o part-time. E invita le banche a non penalizzare questi dipendenti.