'Ci vogliono far chiudere bottega?' Questo si chiedono gli artigiani sammarinesi, dopo una delibera del congresso di stato, per la rivalutazione dei minimi di reddito. Dati che non vengono menzionati, ma sui quali per l’Unas iniziano a emergere le prime forti indicazioni. Anziché premiare un approccio legato alla capacità contributiva, agli artigiani verrà chiesto di pagare “ una tantum” sulla base di minimi figurativi a prescindere dalla reale capacità contributiva. Il minimo passerà da 19.500 euro a 30.000 e l’aliquota dal 19,50 al 21,50 per cento. Una variazione all’apparenza modesta, due soli punti percentuali. Ma una volta fatti i conti la realtà appare nella sua gravità. Agli artigiani in attività che oggi pagano 6-7 punti percentuali in più dei lavoratori subordinati,a parità di pensione futura sperata, vengono chiesti aumenti pari al 70 per cento in più, anche se con redditi modesti e inferiori al minimo. 'Un principio assurdo - dicono - quello slegato alla capacità contributiva, che rischia di penalizzare chi inizia l’attività. Circa 500 imprese artigiane non hanno dipendenti, quindi molti gli addetti del settore che lavorano in forma autonoma con redditi non stratosferici. Molte sono anche le imprese allineate o al di sopra dell’ attuale minimo. Una manovra dunque che rappresenta il colpo di grazia per le imprese in difficoltà'. L’unas conclude con un esempio: chi non arriva al minimo dovrà passare da 3.802,50 euro annui a 6.450 euro. Circa 537 euro al mese, quasi una pensione minima sociale a carico di ogni singolo artigiano.
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