Ahmed Gamal Kamel Abdelwahab, detto Tito, e Mohamed Ali Abdelghani, detto Bob, i due egiziani che hanno ucciso e mutilato il loro dipendente Mahomoud Abdalla, "dovevano degli stipendi arretrati" alla vittima "e non volevano che se ne andasse portando via i clienti". È quanto ha raccontato l'ex datore di lavoro del ragazzo. Il supertestimone è stato sentito ieri dai carabinieri del nucleo investigativo, guidati dal colonnello Michele Lastella e dal maggiore Francesco Filippo. L'uomo, anche lui egiziano e titolare di una barberia in via del Campo nel centro storico, ha contattato gli inquirenti mentre era in vacanza in Egitto ed è stato interrogato non appena rientrato in Italia. Mahomoud aveva lavorato da lui fino alla fine del 2022 e poi era andato a lavorare da Tito e Bob.
Intanto proseguono le indagini coordinate dal sostituto procuratore Daniela Pischetola. Domani gli esperti del Ris di Parma andranno nell'appartamento di via Vado, dove il giovane viveva insieme ad altri colleghi, e nei negozi di via Merano, a Sestri Ponente, e in via Dante a Chiavari. I sopralluoghi serviranno a cercare tracce biologiche per ricostruire con esattezza dove il ragazzo è stato ucciso e poi fatto a pezzi. Dalle indagini è emerso che i due assassini domenica 23 luglio hanno contattato la vittima dicendogli di andare nell'appartamento di via Vado dove gli avrebbero dato i soldi che lui voleva. Per gli inquirenti sarebbe stata una trappola e in quell'abitazione sarebbe stato invece ucciso. Poi sarebbe stato infilato in una valigia e con un taxi i due si sarebbero fatti portare fino a Chiavari dove avrebbero decapitato il cadavere e amputato le mani per non farlo riconoscere. I resti sarebbero poi stati buttati alla foce del fiume Entella.