“Ho scritto questa lettera solo per dare risalto alle nostre realtà ospedaliere che funzionano”. Pamela Baraschi, 54enne di Porto San Giorgio, nel Fermano, spiega così, sui social, la decisione di scrivere la sua (dis)avventura che ha inizio in Inghilterra dove vive da molti anni per lavoro. A fine dicembre 2022 la donna inizia a stare male con tosse continua e febbre elevata. Il medico le prescrive un antibiotico per quella che pensa sia polmonite. I problemi non passano e dopo tempo, lo stesso medico decide di farle fare una radiografia toracica che però esclude l'infiammazione ai polmoni.
“Sto sempre peggio, le dico che non riesco a mangiare, a respirare, ma vengo trattata con sufficienza”, si legge nella lettera. In ospedale, durante una visita d'emergenza, un dottore le riferisce che ha liquido nel ventre. Intanto, in Italia, il fratello e due amiche le consigliano di tornare. Fondamentale il parere del dottor Danilo Gioacchini di Spoleto, che – spiega Pamela Baraschi – "mi ha messo su un aereo e spedita in Italia”. Le condizioni si aggravano: “non riuscivo più a camminare, ero stremata, in carrozzina”. Dopo sole quattro ore, all'ospedale di Spoleto ha la diagnosi: ha una massa nel ventre, molto voluminosa, “probabilmente un tumore ovarico".
La donna viene così ricoverata nel reparto di chirurgia oncologica a Pesaro, diretto da Alberto Patriti, e subito sottoposta all'intervento per l'eradicazione totale della neoplasia, del peso di oltre tre chili. “Quello che ricordo dell’ospedale di Pesaro – si legge ancora nella lettera aperta - è anche l’accoglienza. Le visite quotidiane del primario e del suo staff, eseguite più volte. Il volto di Alberto Patriti, dotato di un’empatia incredibile".
“Il reparto di Pesaro è molto curato, la sua equipe è giovane, determinata e preparata. Ringrazio tutti per le vostre risate, ringrazio Alberto per la costante presenza. Una notte ho avuto una crisi di panico, non riuscivo a smettere di tremare e voi, infermieri, siete rimasti con me finché non mi sono sentita meglio. Ma c’è anche il dopo, c’è la voce , la preparazione ed il sorriso dell’oncologo, il dottor Alessandroni. Mi avete chiamata guerriera, combattente, invece sono stata solo fortunata, ad avere avuto quelle cinque persone che hanno combattuto la mia battaglia. Soprattutto ho avuto la fortuna di essere Italiana".