Utilizzando un termine pokeristico si può definire uno showdown, quello di ieri di Putin; che riconoscendo le repubbliche di Donetsk e Lugansk – e correndo rischi geopolitici enormi - ha come obbligato gli altri “giocatori” a scoprire le carte. In primo luogo i Paesi UE, che subirebbero il maggiore impatto di eventuali dure sanzioni contro Mosca. Nel discorso del Presidente russo toni durissimi verso l'Ucraina; considerata una sorta di creatura artificiale di epoca sovietica, attualmente governata da “potenze straniere”, e dove vi sono “terroristi – ha tuonato Putin – incoraggiati dalla comunità internazionale”.
Richiamato allora l'eccidio di Odessa del 2014: evento sostanzialmente ignorato in Occidente, ma che colpì nel profondo parte della popolazione russofona dell'Ucraina. Dalle parole, poi, il Cremlino era passato ai fatti, con il dispiegamento di forze armate nel Donbass, utilizzando la formula del peacekeeping. Convogli accolti con manifestazioni di giubilo. Lo schema pare quello già visto in Georgia nel 2008: con la creazione di contenziosi territoriali sostanzialmente irrisolvibili, per impedire l'ingresso nella NATO di Paesi dell'estero vicino russo.
Da verificare ora la reazione di Kiev, dove la pressione dei nazionalisti – su Zelensky – è notevole. Il Presidente ucraino ha dichiarato che non ritirerà le truppe dal Donbass. Possibili dunque confronti diretti, lungo la linea di contatto, con l'esercito russo; con tutte le conseguenze del caso. Washington, dal canto suo, ha invitato Zelensky, per la “sua sicurezza”, a spostarsi a Leopoli. Ma vi sarebbero conseguenze pesanti sul morale della popolazione; specie alla luce delle dichiarazioni del ministro della Difesa ucraino: “avremo perdite ma vinceremo”, ha detto ai soldati. Il cancelliere tedesco Scholz annuncia sanzioni “massicce e robuste” contro Mosca; e soprattutto la sospensione dell'autorizzazione dello strategico gasdotto Nord Stream 2.
Mentre la Casa Bianca si limita per ora a vietare investimenti nel Donbass. Da non escludersi insomma ancora qualche spiraglio, per una soluzione diplomatica; come affermato dal rappresentante russo, all'ONU, durante il Consiglio di Sicurezza. L'unica cosa che appare certa, in questo quadro, è la fine degli Accordi di Minsk.