L'accordo sulla normalizzazione dei rapporti economici fra Belgrado e Pristina è stato definito di portata storica, da Donald Trump: in apparenza il vero mattatore della giornata; con il Presidente serbo Vucic, ed il premier kosovaro Hoti, relegati al ruolo di attori non protagonisti. L'intesa raggiunta nello Studio Ovale rappresenta comunque un innegabile passo avanti in una disputa che appariva irrisolvibile; creando le condizioni per la libera circolazione di merci, persone e capitali, fra due realtà divise da una guerra sanguinosa; e questo a tutto vantaggio della stabilità della Regione. Decisiva la “regia” statunitense, grazie ad un approccio per così dire “non ortodosso”; accantonando il punto – ancora inaccettabile, per la Serbia – del reciproco riconoscimento, e puntando tutto sull'economia. Da qui la formula, molto “balcanica”, che ha caratterizzato la conclusione dell'accordo: non è stato firmato “a tre”, ma bilateralmente – con il Presidente americano – da ognuna delle delegazioni.
Si è parlato inoltre dell'intenzione della Serbia di spostare a Gerusalemme la propria ambasciata in Israele - sarebbe il primo Paese europeo a farlo -; e della decisione delle autorità kosovare di allacciare piene relazioni diplomatiche con lo Stato Ebraico. Un negoziato, quello appena concluso, che Trump è pronto a mettere all'incasso, in vista dell'imminente appuntamento delle Presidenziali; un altro punto messo a segno, in politica internazionale, dopo la recente intesa fra Israele ed Emirati Arabi Uniti. La vera sconfitta di questa vicenda appare allora l'UE, che da anni lavorava – con scarsi risultati – al processo di pace fra i due “arcinemici” dei Balcani, e che è infine stata bruciata sul tempo da Washington; a 3 giorni dal terzo round di incontri in agenda lunedì a Bruxelles.