Le reazioni seguite all’arresto dell’ex Segretario di Stato Claudio Podeschi sono state per certi versi comprensibili, per altri versi quasi ironiche. Le dichiarazioni del Segretario della DC Marco Gatti in particolare hanno del paradossale.
Se da una parte il Segretario dice di supportare il lavoro della magistratura (e ci mancherebbe altro, dato che si tratta di indagini su reati gravissimi nella gestione della cosa pubblica), dall’altra parte si dice deluso di aver scoperto in questo modo che qualcuno ha utilizzato il proprio ruolo nel partito per scopi diversi da quelli per cui è stato eletto.
Lo stupore di Gatti ci lascia interdetti.
Claudio Podeschi, le cui responsabilità nel giro di tangenti legate al Conto Mazzini ancora non sono state dimostrate, non è lo stesso Claudio Podeschi coinvolto nell’indagine che ha portato al rinvio a giudizio e conseguenti dimissioni dell’ex Reggente sempre democristiano Claudio Muccioli da ruolo di Direttore del Dipartimento di Prevenzione per aver emesso un certificato medico falso, proprio in favore dell’allora Segretario alla Sanità? Non è lo stesso Claudio Podeschi già coinvolto in passato, ben prima della sua elezione a Segretario alla Sanità, in uno strano caso di restituzione di patente in seguito a ritiro grazie a controverse dichiarazioni dell’allora Segretario agli interni Loris Francini?
Marco Gatti non era già Segretario del partito quando grazie ad una forzatura democristiana lo zio, Gabriele Gatti, è stato fatto Reggente nonostante il suo già noto coinvolgimento nella commissione di Inchiesta su Fincapital, con una cerimonia che ha visto la prima storica protesta civile nei confronti della massima Istituzione del Paese?
Le dinamiche del clientelismo che diversi esponenti del partito in cui milita Marco Gatti (e non solo) esercitano da decenni, poi, sono conosciute per filo a per segno da qualunque sammarinese abbia alle spalle almeno un’elezione politica, anche se non sono mai state riconosciute dalla magistratura.
Come a dire, siamo contenti che il SECONDO rinvio a giudizio eccellente all’interno dell’entourage democristiano abbia finalmente fatto aprire gli occhi del Segretario sul fatto che “qualcuno ha usato il partito per scopi diversi”. Ma vorremmo anche da lui, come da chiunque si professi un politico onesto della nuova Era, un’opera di riflessione un po’ più profonda, capace di riconoscere le colpe, oltre che i meriti, di chi, all’interno dei partiti coinvolti, non ha mai avuto il coraggio di denunciare pubblicamente un sistema corruttivo esteso e trasversale, pur uscendosene oggi candidamente come ingenuo salvatore della patria.
Le fondamenta per un ritorno alle basi del modo di Politica, quella con la P maiuscola, disinteressata e rivolta agli interessi comuni, non possono essere solide senza un riconoscimento delle responsabilità collettive che hanno condotto alla creazione di un sistema di stampo mafioso a livello istituzionale, fatto di corruzione, veti nascosti e coperture reciproche.
Se da una parte il Segretario dice di supportare il lavoro della magistratura (e ci mancherebbe altro, dato che si tratta di indagini su reati gravissimi nella gestione della cosa pubblica), dall’altra parte si dice deluso di aver scoperto in questo modo che qualcuno ha utilizzato il proprio ruolo nel partito per scopi diversi da quelli per cui è stato eletto.
Lo stupore di Gatti ci lascia interdetti.
Claudio Podeschi, le cui responsabilità nel giro di tangenti legate al Conto Mazzini ancora non sono state dimostrate, non è lo stesso Claudio Podeschi coinvolto nell’indagine che ha portato al rinvio a giudizio e conseguenti dimissioni dell’ex Reggente sempre democristiano Claudio Muccioli da ruolo di Direttore del Dipartimento di Prevenzione per aver emesso un certificato medico falso, proprio in favore dell’allora Segretario alla Sanità? Non è lo stesso Claudio Podeschi già coinvolto in passato, ben prima della sua elezione a Segretario alla Sanità, in uno strano caso di restituzione di patente in seguito a ritiro grazie a controverse dichiarazioni dell’allora Segretario agli interni Loris Francini?
Marco Gatti non era già Segretario del partito quando grazie ad una forzatura democristiana lo zio, Gabriele Gatti, è stato fatto Reggente nonostante il suo già noto coinvolgimento nella commissione di Inchiesta su Fincapital, con una cerimonia che ha visto la prima storica protesta civile nei confronti della massima Istituzione del Paese?
Le dinamiche del clientelismo che diversi esponenti del partito in cui milita Marco Gatti (e non solo) esercitano da decenni, poi, sono conosciute per filo a per segno da qualunque sammarinese abbia alle spalle almeno un’elezione politica, anche se non sono mai state riconosciute dalla magistratura.
Come a dire, siamo contenti che il SECONDO rinvio a giudizio eccellente all’interno dell’entourage democristiano abbia finalmente fatto aprire gli occhi del Segretario sul fatto che “qualcuno ha usato il partito per scopi diversi”. Ma vorremmo anche da lui, come da chiunque si professi un politico onesto della nuova Era, un’opera di riflessione un po’ più profonda, capace di riconoscere le colpe, oltre che i meriti, di chi, all’interno dei partiti coinvolti, non ha mai avuto il coraggio di denunciare pubblicamente un sistema corruttivo esteso e trasversale, pur uscendosene oggi candidamente come ingenuo salvatore della patria.
Le fondamenta per un ritorno alle basi del modo di Politica, quella con la P maiuscola, disinteressata e rivolta agli interessi comuni, non possono essere solide senza un riconoscimento delle responsabilità collettive che hanno condotto alla creazione di un sistema di stampo mafioso a livello istituzionale, fatto di corruzione, veti nascosti e coperture reciproche.
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