Quando il Consiglio si apre è ancora in corso la Commissione Giustizia. L'opposizione chiede di sospendere i lavori per permettere ai colleghi di partecipare alla seduta. Di lì a poco - fa presente - si affronteranno vicende di cui si sta parlando nella commissione stessa. Nel frattempo tornano in Aula i Consiglieri assenti, la Commissione Affari di Giustizia si è appena conclusa e le facce dei commissari di minoranza non promettono nulla di buono. Si respira da subito un clima pesante, c'è agitazione e poco dopo arriva la bomba. Si dimettono da membri della Commissione Giustizia Roberto Ciavatta, Denise Bronzetti e il Presidente Massimo Andrea Ugolini. Lo anticipano all'Aula denunciando un clima pesante, “nessuno deve sentirsi tranquillo” - dice il Consigliere del Ps.
Non tutte le ragioni possono essere divulgate, ma Ciavatta espone quelle “pubbliche”. Gli stessi errori denunciati da Rete sull'iter seguito sulle banche li vede riproporsi all'interno di istituzioni dello Stato, “come se una commissione giustizia dovesse diventare una commissione d'inchiesta”. Dichiara di non aver più la serenità per proseguire, “anche alla luce del rischio imminente di autonomia della stessa magistratura. Ho più volte detto che c'è il rischio fondato che alcune lobby stiano spingendo per garantirsi l'impunità. Quindi – continua - c'è il rischio di un attacco nei confronti della magistratura”. Ringrazia il magistrato dirigente di cui riconosce l'imparzialità, le manifesta piena fiducia. “Non posso partecipare a consessi in cui si mette in discussione questo”. E proprio su elementi di pressione della politica sulla magistratura annuncia che si recherà dalla gendarmeria affinché siano gli organi dello Stato a verificare quanto sta accadendo. Non esclude neppure la possibilità di presentare dimissioni dal Consiglio.
Seguono a ruota le dimissioni dalla carica di Presidente Ugolini. La Commissione – spiega - ha sempre assunto decisioni all'unanimità. Distinguo e visioni diverse hanno quindi reso opportuno – dice – mettere in discussione il proprio ruolo. “In questo momento – aggiunge - è fondamentale che ogni organo dello stato agisca in completa autonomia ritenendo indispensabile in momenti delicati come questo dare pieno sostegno alla magistratura.
La Bronzetti non nasconde l'amarezza. “In passato – spiega – ci sono stati altri momenti difficili in relazione ai temi della giustizia affrontati non serenamente. Nel momento in cui quest'Aula ha trattato del conto Mazzini – ricorda - ha scosso le coscienze indipendentemente dall'appartenenza politica. “I fatti di allora e le punte di astio vissute in quest'Aula – rileva con rammarico - sono le stesse che ritrovo oggi”. E dichiara di non voler rendersi protagonista di una lotta fra organi dello Stato.
La maggioranza rispedisce le accuse al mittente e protesta con forza. Durissima Mimma Zavoli, anche lei membro della Commissione: rispetto all'annuncio di Ciavatta di voler denunciare, “potrebbe non rispettare – spiega – il vincolo di segretezza”. Chiede rimanga a verbale. Soprattutto attacca un metodo che definisce non rispettoso dell'attività della Commissione, del ruolo dei suoi membri, e della sottotraccia arrivata fuori dall'Aula dagli interventi. “Avete ritenuto necessario sottolineare che qualcuno ce l'ha con magistratura, lasciando intendere che siete coloro che la proteggono e tutti gli altri no. Dovete vergognarvi. Il rispetto della magistratura è prerogativa di tutti, consiglieri e commissari. Si dice sicura che questo genererà quel conflitto che qualcuno ha detto di non voler creare. “Maggioranza e Governo – assicura Roberto Giorgetti - vogliono salvaguardare la magistratura laddove deve fare chiarezza su situazioni di violazioni di legge”. Non nasconde le sue preoccupazioni, ma che nascono dalle gravi situazioni illustrate in commissione e riconosciute da tutti i commissari. Le diversità di vedute riguardano quali decisioni adottare. Dobbiamo fare chiarezza – dice - e a questo punto è inevitabile parlarne. La soluzione non è tenere le cose in qualche cassetto chiuso. Rigetta le accuse di una maggioranza e un governo che delegittimano la magistratura. “Quando la politica diviene strumento e le situazioni usate non per perseguire la verità o l'accertamento di eventuali reati, allora ci si porta in un terreno distruttivo. L'intero sistema ne esce indebolito”. In commissione nessuno vuole frenare inchieste – ribadisce Giuseppe Morganti – né bloccare processi o ingerire. Ero in commissione e con certezza assoluta dico che i consiglieri intervenuti hanno espresso il desiderio che la magistratura, nel pieno della propria autorevolezza possa svolgere le indagini per chiarire tutti i dubbi. Su questo la condivisione c'è stata. Mi stupisce che si dimettano, come a far credere che gli altri siano complici di complotti. C'è l'assoluta intenzione di fare piena e totale chiarezza su tutto quanto evidenziato. Lo abbiamo detto tutti. Non vedo motivi di diversità così macroscopici per una decisione così drastica e triste”.
“Se c'è una motivazione fondata di un attacco vero al Magistrato Dirigente – dice Pedini Amati - credo ci si debba preoccupare”. Torna sulla lobby affaristico-politica che condiziona – afferma - l'operato non solo della politica ma anche delle istituzioni. “Vi stiamo chiedendo tutti insieme di verificare alcuni legami o meccanismi che alimentano i nostri dubbi”. Ritiene poi che le dimissioni di Capuano abbiano interrotto i rapporti con vicina l'Italia e teme possano incrinarsi. Dalibor Riccardi si dice basito e deluso. Si appella ai consiglieri: “terminate questo scempio e smettete di parlare di un organo dello stato in questa maniera. Qui dentro abbiamo l'obbligo di lavorare per fare qualcosa di positivo per il paese. I problemi sono tanti. Se poniamo dubbi anche sulla magistratura, cosa ci rimane? Ricorda poi di essere stato l'unico favorevole ad una seduta segreta per le dimissioni di Capuano. “Continuiamo a fare del male al paese” e attacca Rf: il fatto che una forza politica di maggioranza voglia in questo momento la seduta pubblica è una vergogna”. Marco Gatti ricorda situazioni spinose come Fincapital e Mazzini. In quel caso la commissione era andata avanti all'unanimità. Oggi – dice - c'è qualcosa che non funziona più. “Il problema grosso sul tavolo è interno a Bcsm e sono i 40 milioni che hanno fregato ai cittadini. E qui – chiede - ci dividiamo? Occorre che la commissione riesca a mediare posizioni interne rispetto ai compiti che la legge le assegna. Nessuno può tirarsi indietro. Riguardo ai conflitti di potere li vede nell'esposto “per l'acquisizione documentale in una cassaforte”.
Si fa l'esposto con procedimento aperto. “Perché – chiede Iro Belluzzi - non è stato fatto nei confronti di quei 40 milioni?” "Quello che non funziona – aggiunge Alessandro Mancini – è proprio quell'esposto annunciato alla tv di Stato. Ricorda anche il mandato del Congresso ad opporsi all'ordinanza sul commissariamento di Asset. “E' stato quello – dice - il primo segnale che qualcosa non stava funzionando fra politica e magistratura”. Per Celli l'opposizione strumentalizza. “Non è un esposto contro la magistratura – precisa - ma per fare chiarezza su una vicenda molto inquietante che ha visto come vittima un autorevole rappresentante delle nostre istituzioni, che proviene da ambienti politici istituzionali importanti come il ministero dell'economia. La minoranza dipinge un panorama desolante, un paese sull'orlo del baratro. La nostra partita – dice il segretario alle Finanze - è provare di salvare il paese, non massacrarlo come qualcuno sta facendo in Aula. Un paese – dice – che sta reagendo, sta cercando di ripartire. Se su questo terreno vorrete confrontarvi bene – conclude - altrimenti continueremo ad andare avanti sulla nostra strada”. Le dimissioni “atto vile e irresponsabile”, per Luca Santolini dato che il segreto d'ufficio non permette di approfondire i temi discussi. “Non posso difendermi – dice - dalle accuse fatte”. “Si crea una zona d'ombra fra detto e non detto” - aggiunge Eva Guidi. Il dato di fatto è che la Commissione non può più lavorare. “Siamo costretti a fermarci, quindi mi chiedo: chi vuole davvero fare luce e chiarire?”
Non tutte le ragioni possono essere divulgate, ma Ciavatta espone quelle “pubbliche”. Gli stessi errori denunciati da Rete sull'iter seguito sulle banche li vede riproporsi all'interno di istituzioni dello Stato, “come se una commissione giustizia dovesse diventare una commissione d'inchiesta”. Dichiara di non aver più la serenità per proseguire, “anche alla luce del rischio imminente di autonomia della stessa magistratura. Ho più volte detto che c'è il rischio fondato che alcune lobby stiano spingendo per garantirsi l'impunità. Quindi – continua - c'è il rischio di un attacco nei confronti della magistratura”. Ringrazia il magistrato dirigente di cui riconosce l'imparzialità, le manifesta piena fiducia. “Non posso partecipare a consessi in cui si mette in discussione questo”. E proprio su elementi di pressione della politica sulla magistratura annuncia che si recherà dalla gendarmeria affinché siano gli organi dello Stato a verificare quanto sta accadendo. Non esclude neppure la possibilità di presentare dimissioni dal Consiglio.
Seguono a ruota le dimissioni dalla carica di Presidente Ugolini. La Commissione – spiega - ha sempre assunto decisioni all'unanimità. Distinguo e visioni diverse hanno quindi reso opportuno – dice – mettere in discussione il proprio ruolo. “In questo momento – aggiunge - è fondamentale che ogni organo dello stato agisca in completa autonomia ritenendo indispensabile in momenti delicati come questo dare pieno sostegno alla magistratura.
La Bronzetti non nasconde l'amarezza. “In passato – spiega – ci sono stati altri momenti difficili in relazione ai temi della giustizia affrontati non serenamente. Nel momento in cui quest'Aula ha trattato del conto Mazzini – ricorda - ha scosso le coscienze indipendentemente dall'appartenenza politica. “I fatti di allora e le punte di astio vissute in quest'Aula – rileva con rammarico - sono le stesse che ritrovo oggi”. E dichiara di non voler rendersi protagonista di una lotta fra organi dello Stato.
La maggioranza rispedisce le accuse al mittente e protesta con forza. Durissima Mimma Zavoli, anche lei membro della Commissione: rispetto all'annuncio di Ciavatta di voler denunciare, “potrebbe non rispettare – spiega – il vincolo di segretezza”. Chiede rimanga a verbale. Soprattutto attacca un metodo che definisce non rispettoso dell'attività della Commissione, del ruolo dei suoi membri, e della sottotraccia arrivata fuori dall'Aula dagli interventi. “Avete ritenuto necessario sottolineare che qualcuno ce l'ha con magistratura, lasciando intendere che siete coloro che la proteggono e tutti gli altri no. Dovete vergognarvi. Il rispetto della magistratura è prerogativa di tutti, consiglieri e commissari. Si dice sicura che questo genererà quel conflitto che qualcuno ha detto di non voler creare. “Maggioranza e Governo – assicura Roberto Giorgetti - vogliono salvaguardare la magistratura laddove deve fare chiarezza su situazioni di violazioni di legge”. Non nasconde le sue preoccupazioni, ma che nascono dalle gravi situazioni illustrate in commissione e riconosciute da tutti i commissari. Le diversità di vedute riguardano quali decisioni adottare. Dobbiamo fare chiarezza – dice - e a questo punto è inevitabile parlarne. La soluzione non è tenere le cose in qualche cassetto chiuso. Rigetta le accuse di una maggioranza e un governo che delegittimano la magistratura. “Quando la politica diviene strumento e le situazioni usate non per perseguire la verità o l'accertamento di eventuali reati, allora ci si porta in un terreno distruttivo. L'intero sistema ne esce indebolito”. In commissione nessuno vuole frenare inchieste – ribadisce Giuseppe Morganti – né bloccare processi o ingerire. Ero in commissione e con certezza assoluta dico che i consiglieri intervenuti hanno espresso il desiderio che la magistratura, nel pieno della propria autorevolezza possa svolgere le indagini per chiarire tutti i dubbi. Su questo la condivisione c'è stata. Mi stupisce che si dimettano, come a far credere che gli altri siano complici di complotti. C'è l'assoluta intenzione di fare piena e totale chiarezza su tutto quanto evidenziato. Lo abbiamo detto tutti. Non vedo motivi di diversità così macroscopici per una decisione così drastica e triste”.
“Se c'è una motivazione fondata di un attacco vero al Magistrato Dirigente – dice Pedini Amati - credo ci si debba preoccupare”. Torna sulla lobby affaristico-politica che condiziona – afferma - l'operato non solo della politica ma anche delle istituzioni. “Vi stiamo chiedendo tutti insieme di verificare alcuni legami o meccanismi che alimentano i nostri dubbi”. Ritiene poi che le dimissioni di Capuano abbiano interrotto i rapporti con vicina l'Italia e teme possano incrinarsi. Dalibor Riccardi si dice basito e deluso. Si appella ai consiglieri: “terminate questo scempio e smettete di parlare di un organo dello stato in questa maniera. Qui dentro abbiamo l'obbligo di lavorare per fare qualcosa di positivo per il paese. I problemi sono tanti. Se poniamo dubbi anche sulla magistratura, cosa ci rimane? Ricorda poi di essere stato l'unico favorevole ad una seduta segreta per le dimissioni di Capuano. “Continuiamo a fare del male al paese” e attacca Rf: il fatto che una forza politica di maggioranza voglia in questo momento la seduta pubblica è una vergogna”. Marco Gatti ricorda situazioni spinose come Fincapital e Mazzini. In quel caso la commissione era andata avanti all'unanimità. Oggi – dice - c'è qualcosa che non funziona più. “Il problema grosso sul tavolo è interno a Bcsm e sono i 40 milioni che hanno fregato ai cittadini. E qui – chiede - ci dividiamo? Occorre che la commissione riesca a mediare posizioni interne rispetto ai compiti che la legge le assegna. Nessuno può tirarsi indietro. Riguardo ai conflitti di potere li vede nell'esposto “per l'acquisizione documentale in una cassaforte”.
Si fa l'esposto con procedimento aperto. “Perché – chiede Iro Belluzzi - non è stato fatto nei confronti di quei 40 milioni?” "Quello che non funziona – aggiunge Alessandro Mancini – è proprio quell'esposto annunciato alla tv di Stato. Ricorda anche il mandato del Congresso ad opporsi all'ordinanza sul commissariamento di Asset. “E' stato quello – dice - il primo segnale che qualcosa non stava funzionando fra politica e magistratura”. Per Celli l'opposizione strumentalizza. “Non è un esposto contro la magistratura – precisa - ma per fare chiarezza su una vicenda molto inquietante che ha visto come vittima un autorevole rappresentante delle nostre istituzioni, che proviene da ambienti politici istituzionali importanti come il ministero dell'economia. La minoranza dipinge un panorama desolante, un paese sull'orlo del baratro. La nostra partita – dice il segretario alle Finanze - è provare di salvare il paese, non massacrarlo come qualcuno sta facendo in Aula. Un paese – dice – che sta reagendo, sta cercando di ripartire. Se su questo terreno vorrete confrontarvi bene – conclude - altrimenti continueremo ad andare avanti sulla nostra strada”. Le dimissioni “atto vile e irresponsabile”, per Luca Santolini dato che il segreto d'ufficio non permette di approfondire i temi discussi. “Non posso difendermi – dice - dalle accuse fatte”. “Si crea una zona d'ombra fra detto e non detto” - aggiunge Eva Guidi. Il dato di fatto è che la Commissione non può più lavorare. “Siamo costretti a fermarci, quindi mi chiedo: chi vuole davvero fare luce e chiarire?”
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