Ho letto con molta attenzione l’intervento di Augusto Michelotti, Consigliere di Sinistra Unita, sui temi della sanatoria edilizia e della normativa attualmente vigente in materia urbanistica ed edilizia.
E’ infatti un vero piacere potersi confrontare seriamente con chi, non solo ha una vasta esperienza nel settore della progettazione e più in generale dell’urbanistica, ma ha anche dimostrato concretamente di avere a cuore la tutela del nostro territorio.
Però nell’intervento del Consigliere Michelotti noto alcune valutazioni che, a mio parere, oltre a non essere corrette, corrono il rischio di diventare fuorvianti. Provo a spiegarmi meglio.
Credo che su un punto ci sia ben poco da discutere: ai sensi dell’art. 179 della Legge n. 87 del 19 Luglio 1995, in seguito implementato con l’art. 21 del Decreto Legge n. 175 del 26 Ottobre 2010 esiste la possibilità di sanare gli abusi a distanza di venti anni dalla realizzazione dell’abuso.
Il Consigliere Michelotti, tuttavia, afferma che tale norma è applicabile solo per abusi che comunque rispettano i parametri previsti di legge, legati all’indice di edificabilità, altezze, volumetrie, ecc.
Le cose non stanno affatto così, in quanto l’art. 179, indistintamente, stabilisce che per le opere soggette a concessione (in questo caso aumenti di superficie utile, volumetrici, ecc.) trascorsi i vent’anni dalla loro realizzazione si prescrivono, mentre per quanto riguarda le opere soggette ad autorizzazione (modifiche interne, che comunque non variano la superficie utile), si prescrivono con il termine di anni dieci.
Addirittura prima dell’entrata in vigore dell’art. 21 del Decreto Legge n. 175/2010, chi si avvaleva dell’art. 179, per sanare edifici o parti di edifici, non andava incontro a nessuna sanzione, mentre ora paga solamente gli oneri di concessione.
Presumibilmente il Consigliere Michelotti, in merito alle sanzioni, intendeva riferirsi al comma 4° dell’art. n. 176 della Legge n. 87/1995, in cui viene applicata una sanzione pari al triplo del valore di mercato, qualora vengano accertate le opere abusive, e non sia possibile demolirle senza pregiudicare le strutture regolari e non difformi, il tutto tramite perizia giurata. E’ proprio sull’interpretazione di questa disposizione normativa che non mi trovo d’accordo con Augusto Michelotti.
Come la mettiamo, infatti, con tutte quelle opere “abusive”, in cui non è stato contestato niente, risultano regolari e quindi non rientrano nella casistica prevista dal comma 4° dell’art. 176 della Legge n. 87/1995 (ad esempio appartamenti passati in parte per locali accessori, quindi senza aumento di superficie, che a mio avviso rappresentano la gran parte degli abusi)? Lasciamo le cose come stanno in attesa che decorrano i venti anni per la prescrizione, ai sensi dell’art. 179 della Legge n. 87/1995?.
Altro punto su cui desidero effettuare alcune valutazioni è quello relativo all’affermazione di Michelotti secondo cui la sanatoria prevista per legge è applicabile solo nei casi in cui vengano rispettati i parametri di edificabilità previsti dallo strumento urbanistico vigente (PRG). In questo caso, il comma 8° dell’art. 176 prevede che la sanzione comminata sia pari al doppio del contributo di concessione. Nella nostra proposta abbiamo indicato una sanzione pari a 4 volte il valore degli oneri concessori, ma siamo pronti a confrontarci per trovare soluzioni più efficaci.
Gli errori commessi in passato devono esserci di insegnamento per far si che certe situazioni non si ripetano più. La proposta della sanatoria potrebbe sembrare l’ennesimo colpo di spugna da parte della classe politica. E’ senza alcun dubbio più popolare dire no a priori. Ma secondo me si deve affrontare questo argomento con realismo e pragmatismo, consapevoli che il problema esiste e che le soluzioni possibili a favore dell’intera comunità non sono poi così tante.
In linea di principio sono totalmente d’accordo con chi sostiene che le opere abusive debbano essere demolite. Mi chiedo semplicemente se, arrivati a questo punto, ciò sia fattibile.
Giustamente, se si parte con l’esecuzione degli ordini di demolizione, non si dovranno fare figli e figliastri. Faccio l’esempio della famiglia che, nella fino ad ora vana attesa della definizione del nuovo Piano Regolatore Generale, ha chiuso un porticato per creare una cameretta per il figlio. La facciamo demolire o comminiamo una sanzione pari al triplo del valore di mercato?.
Teniamo in considerazione che poi, in moltissimi casi, le proprietà nel corso degli anni sono cambiate. Pertanto le responsabilità dell’abuso ricadrebbero sugli ignari compratori finali e non sul costruttore che ha effettivamente realizzato l’opera in violazione delle regole.
Credo che le ipotetiche strade percorribili siano tre:
1) Dar corso agli ordini di demolizione, ma – come sostenevo poco fa – mi sembra difficilmente percorribile;
2) Far decorrere i venti anni e mandare tutto in prescrizione con un ritorno minimo a beneficio dello Stato (semplice pagamento del contributo di concessione), ai sensi dell’art. 179 legge n. 87/1995;
3) Fare emergere tutti gli abusi, anche non accertati, attraverso una sanatoria che imponga sanzioni precise, unitamente alla predisposizione di regole più chiare e più performanti con la definizione del nuovo Testo Unico in materia urbanistica ed edilizia.
Personalmente propendo per quest’ultima opzione, che – con estrema franchezza – mi pare quella più ragionevole, equilibrata e vantaggiosa per lo Stato.
Pur non condividendo diverse sue valutazioni, ringrazio il Consigliere Michelotti per aver portato un qualificato contributo politico e tecnico al dibattito su una problematica molto importante e delicata.
Ritengo infatti che i problemi del Paese non possano essere affrontati con la demagogia e il populismo che talvolta sfociano in vera e propria violenza verbale.
E’ infatti un vero piacere potersi confrontare seriamente con chi, non solo ha una vasta esperienza nel settore della progettazione e più in generale dell’urbanistica, ma ha anche dimostrato concretamente di avere a cuore la tutela del nostro territorio.
Però nell’intervento del Consigliere Michelotti noto alcune valutazioni che, a mio parere, oltre a non essere corrette, corrono il rischio di diventare fuorvianti. Provo a spiegarmi meglio.
Credo che su un punto ci sia ben poco da discutere: ai sensi dell’art. 179 della Legge n. 87 del 19 Luglio 1995, in seguito implementato con l’art. 21 del Decreto Legge n. 175 del 26 Ottobre 2010 esiste la possibilità di sanare gli abusi a distanza di venti anni dalla realizzazione dell’abuso.
Il Consigliere Michelotti, tuttavia, afferma che tale norma è applicabile solo per abusi che comunque rispettano i parametri previsti di legge, legati all’indice di edificabilità, altezze, volumetrie, ecc.
Le cose non stanno affatto così, in quanto l’art. 179, indistintamente, stabilisce che per le opere soggette a concessione (in questo caso aumenti di superficie utile, volumetrici, ecc.) trascorsi i vent’anni dalla loro realizzazione si prescrivono, mentre per quanto riguarda le opere soggette ad autorizzazione (modifiche interne, che comunque non variano la superficie utile), si prescrivono con il termine di anni dieci.
Addirittura prima dell’entrata in vigore dell’art. 21 del Decreto Legge n. 175/2010, chi si avvaleva dell’art. 179, per sanare edifici o parti di edifici, non andava incontro a nessuna sanzione, mentre ora paga solamente gli oneri di concessione.
Presumibilmente il Consigliere Michelotti, in merito alle sanzioni, intendeva riferirsi al comma 4° dell’art. n. 176 della Legge n. 87/1995, in cui viene applicata una sanzione pari al triplo del valore di mercato, qualora vengano accertate le opere abusive, e non sia possibile demolirle senza pregiudicare le strutture regolari e non difformi, il tutto tramite perizia giurata. E’ proprio sull’interpretazione di questa disposizione normativa che non mi trovo d’accordo con Augusto Michelotti.
Come la mettiamo, infatti, con tutte quelle opere “abusive”, in cui non è stato contestato niente, risultano regolari e quindi non rientrano nella casistica prevista dal comma 4° dell’art. 176 della Legge n. 87/1995 (ad esempio appartamenti passati in parte per locali accessori, quindi senza aumento di superficie, che a mio avviso rappresentano la gran parte degli abusi)? Lasciamo le cose come stanno in attesa che decorrano i venti anni per la prescrizione, ai sensi dell’art. 179 della Legge n. 87/1995?.
Altro punto su cui desidero effettuare alcune valutazioni è quello relativo all’affermazione di Michelotti secondo cui la sanatoria prevista per legge è applicabile solo nei casi in cui vengano rispettati i parametri di edificabilità previsti dallo strumento urbanistico vigente (PRG). In questo caso, il comma 8° dell’art. 176 prevede che la sanzione comminata sia pari al doppio del contributo di concessione. Nella nostra proposta abbiamo indicato una sanzione pari a 4 volte il valore degli oneri concessori, ma siamo pronti a confrontarci per trovare soluzioni più efficaci.
Gli errori commessi in passato devono esserci di insegnamento per far si che certe situazioni non si ripetano più. La proposta della sanatoria potrebbe sembrare l’ennesimo colpo di spugna da parte della classe politica. E’ senza alcun dubbio più popolare dire no a priori. Ma secondo me si deve affrontare questo argomento con realismo e pragmatismo, consapevoli che il problema esiste e che le soluzioni possibili a favore dell’intera comunità non sono poi così tante.
In linea di principio sono totalmente d’accordo con chi sostiene che le opere abusive debbano essere demolite. Mi chiedo semplicemente se, arrivati a questo punto, ciò sia fattibile.
Giustamente, se si parte con l’esecuzione degli ordini di demolizione, non si dovranno fare figli e figliastri. Faccio l’esempio della famiglia che, nella fino ad ora vana attesa della definizione del nuovo Piano Regolatore Generale, ha chiuso un porticato per creare una cameretta per il figlio. La facciamo demolire o comminiamo una sanzione pari al triplo del valore di mercato?.
Teniamo in considerazione che poi, in moltissimi casi, le proprietà nel corso degli anni sono cambiate. Pertanto le responsabilità dell’abuso ricadrebbero sugli ignari compratori finali e non sul costruttore che ha effettivamente realizzato l’opera in violazione delle regole.
Credo che le ipotetiche strade percorribili siano tre:
1) Dar corso agli ordini di demolizione, ma – come sostenevo poco fa – mi sembra difficilmente percorribile;
2) Far decorrere i venti anni e mandare tutto in prescrizione con un ritorno minimo a beneficio dello Stato (semplice pagamento del contributo di concessione), ai sensi dell’art. 179 legge n. 87/1995;
3) Fare emergere tutti gli abusi, anche non accertati, attraverso una sanatoria che imponga sanzioni precise, unitamente alla predisposizione di regole più chiare e più performanti con la definizione del nuovo Testo Unico in materia urbanistica ed edilizia.
Personalmente propendo per quest’ultima opzione, che – con estrema franchezza – mi pare quella più ragionevole, equilibrata e vantaggiosa per lo Stato.
Pur non condividendo diverse sue valutazioni, ringrazio il Consigliere Michelotti per aver portato un qualificato contributo politico e tecnico al dibattito su una problematica molto importante e delicata.
Ritengo infatti che i problemi del Paese non possano essere affrontati con la demagogia e il populismo che talvolta sfociano in vera e propria violenza verbale.
Riproduzione riservata ©