“Il mio Paese ritiene che la realizzazione del Compact porterà maggiore sicurezza, ordine e progresso economico a beneficio di tutti”. Lo aveva dichiarato a settembre Nicola Renzi, nel suo speech all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Parole che lasciano presagire la firma, del Titano, al “Patto Globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. Prevista infatti la presenza, del Segretario di Stato agli Esteri, alla conferenza intergovernativa, che si aprirà lunedì a Marrakesh.
In Repubblica il tema del Global Compact è passato in sordina, nel dibattito politico; a differenza dell'Italia, dove ha provocato non poche fibrillazioni, anche nell'ambito della Maggioranza; a seguito della netta presa di posizione di Salvini. Dopo un'iniziale giudizio favorevole, infatti, il Premier Conte ha deciso di “parlamentarizzare” il dibattito, e rimettere le scelte definitive all'esito del confronto; seguendo in tal senso l'esempio di Svizzera e altri Paesi.
Sul Titano, invece, la questione non è stata discussa – a quanto pare - neppure in Commissione Esteri. Previsto, tuttavia, qualora l'accordo venisse sottoscritto la prossima settimana, un passaggio in Consiglio per l'eventuale ratifica. Tra le Nazioni che non saranno presenti alla conferenza di Marrakesh, oltre ad Italia e Svizzera, anche Austria, Israele, Australia, Estonia, Lituania, i Paesi del Gruppo di Visegrad, ma soprattutto gli Stati Uniti, che già lo scorso anno si erano sfilati dal Global Compact.
Il patto, stilato sotto l'egida dell'ONU, e non vincolante, parte dal principio che il fenomeno delle migrazioni debba essere affrontato a livello globale, e punta a realizzare 23 obiettivi; tra questi la riduzione dei fattori negativi che costringono le persone a lasciare il loro Paese d'origine; la lotta alla tratta di esseri umani; il contenimento dei rischi che si affrontano nelle diverse fasi della migrazione. Ma non mancano critiche, specie dall'area sovranista. L'accusa principale è che il documento equiparerebbe sostanzialmente i migranti ai rifugiati. Nel punto 4 del preambolo, infatti, si afferma che le due categorie sono titolari degli “stessi diritti umani universali e libertà fondamentali”; anche se poi – a dire il vero - si precisa che si tratta di “gruppi distinti e regolati da sistemi legali differenti”. C'è infine chi sottolinea le possibili implicazioni – di principio - derivanti dal punto 8; nel quale si valutano le migrazioni come “fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile nel mondo globalizzato”. Una visione del fenomeno che, a prescindere da ogni considerazione nel merito, incontra non poche resistenze in parti sempre più ampie dell'opinione pubblica.
In Repubblica il tema del Global Compact è passato in sordina, nel dibattito politico; a differenza dell'Italia, dove ha provocato non poche fibrillazioni, anche nell'ambito della Maggioranza; a seguito della netta presa di posizione di Salvini. Dopo un'iniziale giudizio favorevole, infatti, il Premier Conte ha deciso di “parlamentarizzare” il dibattito, e rimettere le scelte definitive all'esito del confronto; seguendo in tal senso l'esempio di Svizzera e altri Paesi.
Sul Titano, invece, la questione non è stata discussa – a quanto pare - neppure in Commissione Esteri. Previsto, tuttavia, qualora l'accordo venisse sottoscritto la prossima settimana, un passaggio in Consiglio per l'eventuale ratifica. Tra le Nazioni che non saranno presenti alla conferenza di Marrakesh, oltre ad Italia e Svizzera, anche Austria, Israele, Australia, Estonia, Lituania, i Paesi del Gruppo di Visegrad, ma soprattutto gli Stati Uniti, che già lo scorso anno si erano sfilati dal Global Compact.
Il patto, stilato sotto l'egida dell'ONU, e non vincolante, parte dal principio che il fenomeno delle migrazioni debba essere affrontato a livello globale, e punta a realizzare 23 obiettivi; tra questi la riduzione dei fattori negativi che costringono le persone a lasciare il loro Paese d'origine; la lotta alla tratta di esseri umani; il contenimento dei rischi che si affrontano nelle diverse fasi della migrazione. Ma non mancano critiche, specie dall'area sovranista. L'accusa principale è che il documento equiparerebbe sostanzialmente i migranti ai rifugiati. Nel punto 4 del preambolo, infatti, si afferma che le due categorie sono titolari degli “stessi diritti umani universali e libertà fondamentali”; anche se poi – a dire il vero - si precisa che si tratta di “gruppi distinti e regolati da sistemi legali differenti”. C'è infine chi sottolinea le possibili implicazioni – di principio - derivanti dal punto 8; nel quale si valutano le migrazioni come “fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile nel mondo globalizzato”. Una visione del fenomeno che, a prescindere da ogni considerazione nel merito, incontra non poche resistenze in parti sempre più ampie dell'opinione pubblica.
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