Piovono commenti politici sulle ultime indiscrezioni relative al conto Mazzini.
Non solo pioggia in questo fine settimana di maltempo: piovono anche comunicati e dichiarazioni di partiti, movimenti ed esponenti politici che vogliono dire la loro sulle ultime novità del conto Mazzini. Da Rete l'idea per cui l'attuale crisi “altro non è che il frutto di quanto seminato negli ultimi 30 anni, e se ora il raccolto è fradicio, la colpa è del seme malato che è stato piantato e a lungo coltivato”. Ritiene inoltre che sarebbe il caso che “Pier Marino Menicucci, nuovamente coinvolto e già comparso in tribunale per il primo filone d'indagine, si dimettesse temporaneamente dal proprio ruolo di cancelliere del tribunale”. Il consigliere del Partito Socialista Federico Pedini Amati usa parole dure: “Siamo al ridicolo – scrive – e alla forma più bassa e infame dell'associazione a delinquere. I mafiosi hanno un codice d'onore – aggiunge – voi ladri corrotti e corruttori siete peggio dei mafiosi”. Anche per Tito Masi, già consigliere e segretario di Stato per Alleanza Popolare, “sta venendo alla luce – scrive – quanto la corruzione sia diffusa e profondamente radicata, e quanto fossero fondate le denunce presentate invano e fin dalla sua costituzione da Ap. Preso atto – aggiunge – che alcune delle persone coinvolte siedono ancora in Consiglio Grande e Generale o hanno ancora un peso nei partiti di appartenenza, è altrettanto necessario che venga chiesto loro di farsi da parte. Devono andare a casa e per sempre”. Il movimento Per San Marino torna sulle parole di Lucio Amati, ricordando che “ha fatto pubbliche denunce clamorose sulla gestione del sistema bancario e sulle pratiche tangentizie. Non ha ricevuto smentite, per cui la sue denunce sono reali, veritiere e penalmente rilevabili”. Tirato infine in ballo da Giuseppe Roberti, ex funzionario della Banca commerciale e uno degli indagati nella vicenda Mazzini, il segretario alle Finanze Claudio Felici ha voluto inviare una dichiarazione pubblica per dire che nella sua ormai trentennale carriera professionale, politica e istituzionale “non ci sono mai stati e non possono esserci atti o fatti che possano aver portato alla mia persona arricchimenti personali”.
Non solo pioggia in questo fine settimana di maltempo: piovono anche comunicati e dichiarazioni di partiti, movimenti ed esponenti politici che vogliono dire la loro sulle ultime novità del conto Mazzini. Da Rete l'idea per cui l'attuale crisi “altro non è che il frutto di quanto seminato negli ultimi 30 anni, e se ora il raccolto è fradicio, la colpa è del seme malato che è stato piantato e a lungo coltivato”. Ritiene inoltre che sarebbe il caso che “Pier Marino Menicucci, nuovamente coinvolto e già comparso in tribunale per il primo filone d'indagine, si dimettesse temporaneamente dal proprio ruolo di cancelliere del tribunale”. Il consigliere del Partito Socialista Federico Pedini Amati usa parole dure: “Siamo al ridicolo – scrive – e alla forma più bassa e infame dell'associazione a delinquere. I mafiosi hanno un codice d'onore – aggiunge – voi ladri corrotti e corruttori siete peggio dei mafiosi”. Anche per Tito Masi, già consigliere e segretario di Stato per Alleanza Popolare, “sta venendo alla luce – scrive – quanto la corruzione sia diffusa e profondamente radicata, e quanto fossero fondate le denunce presentate invano e fin dalla sua costituzione da Ap. Preso atto – aggiunge – che alcune delle persone coinvolte siedono ancora in Consiglio Grande e Generale o hanno ancora un peso nei partiti di appartenenza, è altrettanto necessario che venga chiesto loro di farsi da parte. Devono andare a casa e per sempre”. Il movimento Per San Marino torna sulle parole di Lucio Amati, ricordando che “ha fatto pubbliche denunce clamorose sulla gestione del sistema bancario e sulle pratiche tangentizie. Non ha ricevuto smentite, per cui la sue denunce sono reali, veritiere e penalmente rilevabili”. Tirato infine in ballo da Giuseppe Roberti, ex funzionario della Banca commerciale e uno degli indagati nella vicenda Mazzini, il segretario alle Finanze Claudio Felici ha voluto inviare una dichiarazione pubblica per dire che nella sua ormai trentennale carriera professionale, politica e istituzionale “non ci sono mai stati e non possono esserci atti o fatti che possano aver portato alla mia persona arricchimenti personali”.
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