Legge di stabilità alla prova dei partiti. Alla vigilia dell’inizio delle audizioni in Parlamento delle categorie produttive, Mario Monti inizia il proprio giro di consultazioni da Casini. Il leader dell’Udc gli chiede di non abbassare l’Irpef se ciò danneggia le famiglie, e lascia intendere la disponibilità a modificare in qualcosa il testo da parte del premier che per domani ha invitato a cena Alfano e Berlusconi. Pd e Pdl hanno già avvertito chiaramente il governo: su scuola e fisco la legge di stabilità va cambiata; “così non la votiamo” minaccia Bersani. Ma il Tesoro nicchia: non c’è spazio per grandi controriforme, avvisa il ministro Grilli.
E mentre Formigoni annuncia la nuova giunta che traghetterà la regione Lombardia fino alle prossime elezioni, con Maroni che incassa un plebiscito per il Pirellone nei gazebo della Lega, nel Pdl le acque restano agitate dopo l’annuncio di Alfano di voler cambiare le cose senza, però, indicare ancora la nuova squadra di comando. I socialisti del partito di Berlusconi, con Cicchitto e Brunetta, dicono no ai rottamatori ma reclamano dal segretario una direzione netta che però non pare alle viste.
E nel Pd in marcia verso le primarie sono ancora scintille. Incassata la rottamazione di D’Alema e Veltroni, Renzi strizza l’occhio ai moderati e torna ad attaccare Bersani per aver collocato troppo a sinistra il partito che, a suo dire, con lui alla guida varrebbe il 40%. Polemiche con ripercussioni sulla campagna elettorale per il voto regionale di domenica prossima in Sicilia, dove in questi giorni sono impegnati tutti i leader: compreso Grillo che nell’Isola potrebbe registrare il primo grande exploit elettorale.
Da Roma Francesco Bongarrà
E mentre Formigoni annuncia la nuova giunta che traghetterà la regione Lombardia fino alle prossime elezioni, con Maroni che incassa un plebiscito per il Pirellone nei gazebo della Lega, nel Pdl le acque restano agitate dopo l’annuncio di Alfano di voler cambiare le cose senza, però, indicare ancora la nuova squadra di comando. I socialisti del partito di Berlusconi, con Cicchitto e Brunetta, dicono no ai rottamatori ma reclamano dal segretario una direzione netta che però non pare alle viste.
E nel Pd in marcia verso le primarie sono ancora scintille. Incassata la rottamazione di D’Alema e Veltroni, Renzi strizza l’occhio ai moderati e torna ad attaccare Bersani per aver collocato troppo a sinistra il partito che, a suo dire, con lui alla guida varrebbe il 40%. Polemiche con ripercussioni sulla campagna elettorale per il voto regionale di domenica prossima in Sicilia, dove in questi giorni sono impegnati tutti i leader: compreso Grillo che nell’Isola potrebbe registrare il primo grande exploit elettorale.
Da Roma Francesco Bongarrà
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