Trattative sotterranee, conteggi aggiornati di ora in ora. Il quadro della politica italiana – a pochi giorni dalla resa dei conti del 14 – è quanto mai confuso, con i peones dei vari schieramenti a recitare una parte decisiva in questo grande gioco. Una cosa – tuttavia - appare certa: Silvio Berlusconi non si dimetterà prima del voto di fiducia. L’altolà del ministro Alfano, alla proposta dei finiani di “un reincarico in 72 ore” al premier, è netto: “su questa ipotesi – ha detto - non c’è nessun margine di trattativa”. Quello tra il PdL e i cosiddetti “futuristi”, dunque, è sempre più un muro contro muro, dopo le parziali aperture di ieri. Gianfranco Fini, nella riunione con i vertici di Futuro e Libertà, ha compattato i suoi sulla posizione ufficiale. "Se Berlusconi non prenderà atto della necessità di aprire, attraverso le dimissioni, una nuova fase politica, Fli voterà la sfiducia": così recita il comunicato ufficiale. Saranno gli indecisi – allora – gli arbitri della partita. E non ha certo aiutato a fare chiarezza l’attesa conferenza stampa di Scilipoti, Cesario e Calearo. “A oggi – ha dichiarato quest’ultimo - io mi asterrò, Scilipoti potrebbe votare la sfiducia e Cesario la fiducia. Ma per il 14 cercheremo di avere una posizione unica”. Una situazione che indigna il Pd. “Siamo di fronte a uno scandalo – si chiede Bersani - o a un reato di corruzione?”. Duro anche Di Pietro. “Qualsiasi parlamentare si venda per 30 denari – ha dichiarato – merita l’albero di Giuda”.
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