Fumogeni, pietre, bastoni; la protesta pacifica degli studenti contro la riforma Gelmini si è trasformata in pochi attimi in una vera e propria guerriglia urbana. Tutto è successo dopo il voto di fiducia alla Camera. Fra i 50mila studenti, arrivati nella Capitale da ogni parte d’Italia, si erano infiltrati “black block” e militanti dei centri sociali. I primi disordini poco distanti dal Senato, con il lancio di petardi, bombe carta, pietre e bottiglie contro le camionette della polizia, ma i tafferugli più gravi sono accaduti in via del Corso, vicino a Palazzo Chigi, a Piazza del Popolo, sul Lungotevere e a Piazzale Flaminio. Vetrine infrante, auto danneggiate e incendiate, cassonetti dati alle fiamme. Il caos. 40 i feriti, fra i manifestanti ma anche fra le forze di polizia. Condanna unanime del mondo politico: il sindaco di Roma, Alemanno, parla di una capitale offesa dalla violenza, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, definisce “criminale” la logica che sta dietro agli scontri, mentre per Bersani è intollerabile che siano riusciti a inserirsi teppisti, violenti. Il capogruppo del Pdl, Gasparri, chiede ai leader dell’opposizione, dei sindacati e della società civile, di prendere con chiarezza le distanze dai gruppi di violenti. Per il ministro del Lavoro, Sacconi, è una violenza che merita solo una parola: repressione. La notizia è immediatamente rimbalzata su tutte la prime pagine on line dei quotidiani internazionali, che hanno messo in relazione i disordini con il voto di fiducia e la maggioranza risicata ottenuta alla Camera.
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