Fin da quando il Comitato Promotore del referendum per la richiesta di adesione all’Unione Europea ha cominciato la raccolta delle firme, il Governo non aveva mancato di manifestare la propria insofferenza per l’iniziativa, bollata come intempestiva e inutile.
La sentenza del Collegio Garante che aveva dichiarato l’ammissibilità del quesito referendario, aveva suscitato immediata la reazione del Governo, che si è messo all’opera per impedirne lo svolgimento, conducendo un’azione molto ambigua. Prova ne è che nella stessa seduta consiliare il 15 dicembre 2010 la maggioranza che sostiene il Governo ha respinto un ordine del giorno che chiedeva espressamente di “…inoltrare immediatamente formale richiesta di adesione all’Unione Europea…” e ne ha approvato un altro che prevede “…di aprire un negoziato finalizzato a conseguire una maggiore e migliore integrazione della Repubblica di San Marino a livello europeo…”.
Successivamente il Segretario di Stato per gli Affari Esteri ha inviato rispettivamente al Presidente della Commissione Europea ed al Presidente del Consiglio Europeo una lettera in cui si richiede: “…di poter avviare quanto prima un negoziato finalizzato al conseguimento di una maggiore integrazione della Repubblica di San Marino con l’Unione Europea…”.
Il Governo in data 1 febbraio ha quindi deliberato l’attivazione della procedura per l’interruzione del referendum prevista dalla legge nel caso in cui il quesito referendario venga recepito nella sostanza.
La sentenza del Collegio dei Garanti di ieri è l’ultimo atto di un percorso, con cui il Governo ha ottenuto di impedire ai cittadini di esprimersi su una questione fondamentale per il futuro del nostro Paese, quale quella della richiesta di adesione all’Unione Europea.
Il Governo ha conseguito il suo scopo a discapito della democrazia, non volendo neppure ascoltare il parere dei sammarinesi su una questione tanto importante e ha sottratto alla Repubblica la possibilità di essere il primo Stato a chiedere l’adesione all’Unione Europea sulla base di una decisione adottata in piena consapevolezza e responsabilità dalla maggioranza dei cittadini, tramite una consultazione referendaria.
Va tuttavia rilevato che la dichiarazione di interruzione del referendum equivale nei fatti ad attribuire a tavolino la vittoria al SI.
Non a caso nella sentenza del Collegio Garante, che tutti siamo chiamati a rispettare, compreso il Governo, si legge: “…il quesito si riferisce ad una richiesta di “far parte” dell’Unione Europea, cioè di “adesione” all’Unione stessa..” che è diversa dalla maggiore integrazione di cui parla il Governo, in quanto quest’ultima, recita ancora la sentenza, “…potrebbe comportare solo un approfondimento e un ulteriore sviluppo dell’Accordo di Cooperazione e Unione Doganale stipulato il 16 dicembre 1991 fra la Repubblica e l’Unione, il quesito è invece volto a far sì che la Repubblica “faccia parte” dell’Unione…”.
Ancora la sentenza recita: “…il documento adottato dal Congresso di Stato con delibera n. 12 del 1 febbraio 2011 espressamente e diffusamente enuncia le diverse iniziative politiche e diplomatiche attivate dal Governo, che sono espressamente qualificate come attività di valutazione delle condizioni per la proposizione della candidatura della Repubblica all’ingresso nella Unione Europea. L’antecedente Ordine del Giorno del Consiglio Grande e Generale del 15 dicembre 2010, del quale il documento del Congresso esplicitamente costituisce seguito, è a sua volta esplicito nel dare mandato al Governo “di assumere tutti gli elementi utili e di valutare la sussistenza delle condizioni politiche ed internazionali necessarie per avviare il negoziato per l’ingresso della Repubblica nell’Unione Europea”.
La sentenza conclude quindi rilevando che: “…tali atti sono stati indirizzati ai Capitani Reggenti dal Congresso di Stato, con la espressa richiesta di inoltrarli a questo Collegio Garante ai fini dell’accertamento finalizzato alla interruzione delle procedure referendarie: con ciò chiaramente esprimendo l’avviso del Governo stesso in ordine alla piena conformità delle attività svolte alla “sostanza” del quesito referendario ai sensi dell’esplicitamente richiamato articolo 26 della Legge n. 101/94…”.
Ne consegue che il riconoscimento della conformità degli atti compiuti dal Governo in relazione al quesito referendario poggia esclusivamente sul presupposto vincolante che l’esito dell’azione messa in atto dal Governo sia indirizzata alla presentazione formale della domanda di adesione della Repubblica di San Marino all’Unione Europea.
Il Governo deve smettere di giocare con le parole, che è ciò che ha fatto fino ad ora per evitare il referendum e fare il proprio comodo. Dunque, la “maggiore integrazione” che il Governo dichiara di voler perseguire è accettabile unicamente se significa “richiesta di adesione” da presentare in tempi ragionevoli.
Non tranquillizzano, purtroppo, anzi confermano la malafede del Governo su questo punto, le dichiarazioni rese ieri ai microfoni di San Marino RTV dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri che dichiara l’impegno di “…avvicinarci all’Unione Europea nelle forme ritenute le migliori possibili.”, che non è “far parte dell’Unione Europea” come chiedeva il quesito del referendum e come ha chiarito la sentenza di ieri del Collegio Garante.
Il Comitato Promotore, anche alla luce di tali dichiarazioni, intende mettere in atto ogni iniziativa utile per assicurare il conseguimento dell’obiettivo per il quale si è costituito e onorare il sostegno dei tanti cittadini che hanno apposto la loro firma affinchè si potesse adottare una decisione chiara e condivisa sulla questione, che si trascina da anni, dell’adesione della nostra Repubblica all’Unione Europea.
Il Comitato Promotore inoltre invita le forze politiche, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria, le espressioni organizzate della società civile che avevano assicurato il loro sostegno al referendum a coordinarsi per monitorare la coerenza e l’operatività del Governo rispetto all’impegno di avviare le procedure per l’adesione all’Unione Europea e denunciare all’opinione pubblica ogni ritardo ed ogni atto contrario a tale impegno.
La sentenza del Collegio Garante che aveva dichiarato l’ammissibilità del quesito referendario, aveva suscitato immediata la reazione del Governo, che si è messo all’opera per impedirne lo svolgimento, conducendo un’azione molto ambigua. Prova ne è che nella stessa seduta consiliare il 15 dicembre 2010 la maggioranza che sostiene il Governo ha respinto un ordine del giorno che chiedeva espressamente di “…inoltrare immediatamente formale richiesta di adesione all’Unione Europea…” e ne ha approvato un altro che prevede “…di aprire un negoziato finalizzato a conseguire una maggiore e migliore integrazione della Repubblica di San Marino a livello europeo…”.
Successivamente il Segretario di Stato per gli Affari Esteri ha inviato rispettivamente al Presidente della Commissione Europea ed al Presidente del Consiglio Europeo una lettera in cui si richiede: “…di poter avviare quanto prima un negoziato finalizzato al conseguimento di una maggiore integrazione della Repubblica di San Marino con l’Unione Europea…”.
Il Governo in data 1 febbraio ha quindi deliberato l’attivazione della procedura per l’interruzione del referendum prevista dalla legge nel caso in cui il quesito referendario venga recepito nella sostanza.
La sentenza del Collegio dei Garanti di ieri è l’ultimo atto di un percorso, con cui il Governo ha ottenuto di impedire ai cittadini di esprimersi su una questione fondamentale per il futuro del nostro Paese, quale quella della richiesta di adesione all’Unione Europea.
Il Governo ha conseguito il suo scopo a discapito della democrazia, non volendo neppure ascoltare il parere dei sammarinesi su una questione tanto importante e ha sottratto alla Repubblica la possibilità di essere il primo Stato a chiedere l’adesione all’Unione Europea sulla base di una decisione adottata in piena consapevolezza e responsabilità dalla maggioranza dei cittadini, tramite una consultazione referendaria.
Va tuttavia rilevato che la dichiarazione di interruzione del referendum equivale nei fatti ad attribuire a tavolino la vittoria al SI.
Non a caso nella sentenza del Collegio Garante, che tutti siamo chiamati a rispettare, compreso il Governo, si legge: “…il quesito si riferisce ad una richiesta di “far parte” dell’Unione Europea, cioè di “adesione” all’Unione stessa..” che è diversa dalla maggiore integrazione di cui parla il Governo, in quanto quest’ultima, recita ancora la sentenza, “…potrebbe comportare solo un approfondimento e un ulteriore sviluppo dell’Accordo di Cooperazione e Unione Doganale stipulato il 16 dicembre 1991 fra la Repubblica e l’Unione, il quesito è invece volto a far sì che la Repubblica “faccia parte” dell’Unione…”.
Ancora la sentenza recita: “…il documento adottato dal Congresso di Stato con delibera n. 12 del 1 febbraio 2011 espressamente e diffusamente enuncia le diverse iniziative politiche e diplomatiche attivate dal Governo, che sono espressamente qualificate come attività di valutazione delle condizioni per la proposizione della candidatura della Repubblica all’ingresso nella Unione Europea. L’antecedente Ordine del Giorno del Consiglio Grande e Generale del 15 dicembre 2010, del quale il documento del Congresso esplicitamente costituisce seguito, è a sua volta esplicito nel dare mandato al Governo “di assumere tutti gli elementi utili e di valutare la sussistenza delle condizioni politiche ed internazionali necessarie per avviare il negoziato per l’ingresso della Repubblica nell’Unione Europea”.
La sentenza conclude quindi rilevando che: “…tali atti sono stati indirizzati ai Capitani Reggenti dal Congresso di Stato, con la espressa richiesta di inoltrarli a questo Collegio Garante ai fini dell’accertamento finalizzato alla interruzione delle procedure referendarie: con ciò chiaramente esprimendo l’avviso del Governo stesso in ordine alla piena conformità delle attività svolte alla “sostanza” del quesito referendario ai sensi dell’esplicitamente richiamato articolo 26 della Legge n. 101/94…”.
Ne consegue che il riconoscimento della conformità degli atti compiuti dal Governo in relazione al quesito referendario poggia esclusivamente sul presupposto vincolante che l’esito dell’azione messa in atto dal Governo sia indirizzata alla presentazione formale della domanda di adesione della Repubblica di San Marino all’Unione Europea.
Il Governo deve smettere di giocare con le parole, che è ciò che ha fatto fino ad ora per evitare il referendum e fare il proprio comodo. Dunque, la “maggiore integrazione” che il Governo dichiara di voler perseguire è accettabile unicamente se significa “richiesta di adesione” da presentare in tempi ragionevoli.
Non tranquillizzano, purtroppo, anzi confermano la malafede del Governo su questo punto, le dichiarazioni rese ieri ai microfoni di San Marino RTV dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri che dichiara l’impegno di “…avvicinarci all’Unione Europea nelle forme ritenute le migliori possibili.”, che non è “far parte dell’Unione Europea” come chiedeva il quesito del referendum e come ha chiarito la sentenza di ieri del Collegio Garante.
Il Comitato Promotore, anche alla luce di tali dichiarazioni, intende mettere in atto ogni iniziativa utile per assicurare il conseguimento dell’obiettivo per il quale si è costituito e onorare il sostegno dei tanti cittadini che hanno apposto la loro firma affinchè si potesse adottare una decisione chiara e condivisa sulla questione, che si trascina da anni, dell’adesione della nostra Repubblica all’Unione Europea.
Il Comitato Promotore inoltre invita le forze politiche, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria, le espressioni organizzate della società civile che avevano assicurato il loro sostegno al referendum a coordinarsi per monitorare la coerenza e l’operatività del Governo rispetto all’impegno di avviare le procedure per l’adesione all’Unione Europea e denunciare all’opinione pubblica ogni ritardo ed ogni atto contrario a tale impegno.
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