Crediamo sia giunto il momento di parlare di espropri anche a San Marino. Laddove la speculazione edilizia, che è sotto gli occhi di tutti, per anni ha fatto da padrone nelle politiche del territorio, crediamo che la pianificazione territoriale non possa più sottrarsi dal considerare la situazione di degrado di un ampio numero di costruzioni sammarinesi in mano a leasing, immobiliari e palazzinari. Ciò che chiediamo è che il governo sammarinese proceda con interventi di esproprio a norma della Carta fondamentale dei Diritti sammarinese, per destinare ad uso pubblico quegli stabili figli della speculazione edilizia che continuano a deturpare il nostro paesaggio.
Il secondo comma dell'art.10 della legge 59/1974 (“L'esproprio dei beni di proprietà privata è ammesso nelle forme previste dalla legge, per fini di utilità pubblica e dietro congruo indennizzo”) è molto simile al comma 3 dell'articolo 42 della costituzione italiana (“La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale”).
In base a tale articolo 42, ad inizio giugno a Napoli, e ora a Milano, i cugini italiani stanno procedendo ad espropriare beni abbandonati (”non manutenuti e utilizzati per più di cinque anni, ove tale non utilizzo riguardi almeno il 90% delle loro superfici”).
Tali espropri avvengono in base al punto di arrivo degli studi di Paolo Maddalena (Vice presidente emerito della Corte Costituzionale) raccolti nel suo ultimo libro “Il territorio bene comune degli italiani“ sulla corretta interpretazione dell'articolo 42 della costituzione italiana. Secondo Maddalena nella Costituzione ci sono norme secondo cui “la proprietà privata non è garantita come diritto soggettivo assoluto, ma esclusivamente in quanto finalizzata ad assicurare una funzione sociale del bene”, il che consente al Comune (e nel nostro caso allo Stato) di acquisire il bene in quanto “bene comune” della città a cui restituire “una funzione sociale ed economica” da decidere attraverso “modalità partecipate”.
Sempre secondo Maddalena ”qualunque bene abbandonato, in virtù della cessazione della sua funzione sociale, debba ritornare nella disponibilità del soggetto che originariamente ne è proprietario e che ne aveva ceduto parte ad un singolo privato: questo soggetto altri non è che il popolo sovrano”.
Sul caso di Napoli dice Maddalena: ”gli sprechi, con la crisi dilagante, sono intollerabili: ci sono immobili abbandonati appartenenti a persone che se ne disinteressano, mentre il popolo napoletano vive nei tuguri. La delibera è nel solco della Carta fondamentale: il diritto alla prima abitazione è garantito dalla Costituzione. Ma ci sono beni che soddisfano utilità personali e familiari, inviolabili, e altri che vanno ben oltre questi bisogni. La piccola proprietà è intoccabile, ma la grande proprietà deve giovare a tutti. Capannoni, fabbriche, immobili abbandonati non adibiti alla loro funzione”.
Il sindaco di Napoli De Magistris, firmatario delle due delibere che avviano gli espropri, ritiene che potranno esserci contenziosi “ma le delibere le abbiamo scritte bene e c’è un preciso procedimento amministrativo. Non c’è alcun rischio per chi possiede beni, ma solo per chi li ha abbandonati”.
E come funzionano dunque questi espropri? Il nuovo regolamento edilizio Milanese stabilisce che ”l’amministrazione comunale, una volta accertato lo stato di abbandono, di degrado urbano, di incuria e di dismissione delle aree e/o degli edifici, diffida i soggetti ad eseguire interventi di ripristino, pulizia e messa in sicurezza delle aree, nonché di recupero degli edifici sotto i profili edilizio, funzionale e ambientale”.
Entro 60 giorni dalla notificazione della diffida “i proprietari o i titolari di diritti su detti immobili devono presentare progetto preliminare per l’esecuzione degli interventi edilizi, per la sistemazione e la manutenzione, o per la riconversione funzionale degli stessi in conformità alle previsioni del Piano di Governo del Territorio, allegando una relazione che espliciti le modalità e i tempi per l’esecuzione degli interventi di recupero urbano e di riqualificazione sociale e funzionale”. Di seguito, “constatata l’inerzia dei proprietari o dei titolari di diritti su tali beni”, il Comune può provvedere in via sostitutiva all’esecuzione di interventi di manutenzione e di pulizia degli immobili, nonché a mettere in sicurezza le aree. Le relative spese sostenute dovranno essere rimborsate dai proprietari o titolari di diritti su tali beni.
Il vice-sindaco Ada Lucia De Cesaris sostiene che ”i veri inadempienti siano le grandi proprietà immobiliari, che lasciano proprietà fatiscenti mentre chiedono di poter effettuare nuovi interventi edilizi”.
Ciò che serve a San Marino è un decreto che vada in questa direzione e che può venir redatto unicamente dal governo. Di tanti decreti inutili che fa, almeno uno valido lo si potrebbe anche pretendere!
Comunicato stampa Movimento Rete
Il secondo comma dell'art.10 della legge 59/1974 (“L'esproprio dei beni di proprietà privata è ammesso nelle forme previste dalla legge, per fini di utilità pubblica e dietro congruo indennizzo”) è molto simile al comma 3 dell'articolo 42 della costituzione italiana (“La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale”).
In base a tale articolo 42, ad inizio giugno a Napoli, e ora a Milano, i cugini italiani stanno procedendo ad espropriare beni abbandonati (”non manutenuti e utilizzati per più di cinque anni, ove tale non utilizzo riguardi almeno il 90% delle loro superfici”).
Tali espropri avvengono in base al punto di arrivo degli studi di Paolo Maddalena (Vice presidente emerito della Corte Costituzionale) raccolti nel suo ultimo libro “Il territorio bene comune degli italiani“ sulla corretta interpretazione dell'articolo 42 della costituzione italiana. Secondo Maddalena nella Costituzione ci sono norme secondo cui “la proprietà privata non è garantita come diritto soggettivo assoluto, ma esclusivamente in quanto finalizzata ad assicurare una funzione sociale del bene”, il che consente al Comune (e nel nostro caso allo Stato) di acquisire il bene in quanto “bene comune” della città a cui restituire “una funzione sociale ed economica” da decidere attraverso “modalità partecipate”.
Sempre secondo Maddalena ”qualunque bene abbandonato, in virtù della cessazione della sua funzione sociale, debba ritornare nella disponibilità del soggetto che originariamente ne è proprietario e che ne aveva ceduto parte ad un singolo privato: questo soggetto altri non è che il popolo sovrano”.
Sul caso di Napoli dice Maddalena: ”gli sprechi, con la crisi dilagante, sono intollerabili: ci sono immobili abbandonati appartenenti a persone che se ne disinteressano, mentre il popolo napoletano vive nei tuguri. La delibera è nel solco della Carta fondamentale: il diritto alla prima abitazione è garantito dalla Costituzione. Ma ci sono beni che soddisfano utilità personali e familiari, inviolabili, e altri che vanno ben oltre questi bisogni. La piccola proprietà è intoccabile, ma la grande proprietà deve giovare a tutti. Capannoni, fabbriche, immobili abbandonati non adibiti alla loro funzione”.
Il sindaco di Napoli De Magistris, firmatario delle due delibere che avviano gli espropri, ritiene che potranno esserci contenziosi “ma le delibere le abbiamo scritte bene e c’è un preciso procedimento amministrativo. Non c’è alcun rischio per chi possiede beni, ma solo per chi li ha abbandonati”.
E come funzionano dunque questi espropri? Il nuovo regolamento edilizio Milanese stabilisce che ”l’amministrazione comunale, una volta accertato lo stato di abbandono, di degrado urbano, di incuria e di dismissione delle aree e/o degli edifici, diffida i soggetti ad eseguire interventi di ripristino, pulizia e messa in sicurezza delle aree, nonché di recupero degli edifici sotto i profili edilizio, funzionale e ambientale”.
Entro 60 giorni dalla notificazione della diffida “i proprietari o i titolari di diritti su detti immobili devono presentare progetto preliminare per l’esecuzione degli interventi edilizi, per la sistemazione e la manutenzione, o per la riconversione funzionale degli stessi in conformità alle previsioni del Piano di Governo del Territorio, allegando una relazione che espliciti le modalità e i tempi per l’esecuzione degli interventi di recupero urbano e di riqualificazione sociale e funzionale”. Di seguito, “constatata l’inerzia dei proprietari o dei titolari di diritti su tali beni”, il Comune può provvedere in via sostitutiva all’esecuzione di interventi di manutenzione e di pulizia degli immobili, nonché a mettere in sicurezza le aree. Le relative spese sostenute dovranno essere rimborsate dai proprietari o titolari di diritti su tali beni.
Il vice-sindaco Ada Lucia De Cesaris sostiene che ”i veri inadempienti siano le grandi proprietà immobiliari, che lasciano proprietà fatiscenti mentre chiedono di poter effettuare nuovi interventi edilizi”.
Ciò che serve a San Marino è un decreto che vada in questa direzione e che può venir redatto unicamente dal governo. Di tanti decreti inutili che fa, almeno uno valido lo si potrebbe anche pretendere!
Comunicato stampa Movimento Rete
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