“L’ordine del giorno votato dal consiglio grande e generale sul caso patente, un grosso errore”. A dirlo è nientemeno che il Segretario dei Democratici, Giuseppe Moranti, che preso carta e penna scrive per annunciare le sue dimissioni, o meglio, la decisione di rimettere nelle mani del suo partito il mandato di Segretario politico. Se ne discuterà nel Congresso dei Democratici già convocato per il 28 e 29 gennaio prossimi. Morganti conferma la validità del Governo Straordinario, l’incisività della sua azione, ma bolla il voto sul documento presentato dalla maggioranza come un errore, una svista, dovuta – scrive – a più fattori: la stanchezza di cinque giorni continuativi di Consiglio, la tensione determinata dalle pesanti accuse, l’impossibilità di individuare soluzioni efficaci per affrontare il grave problema, l’incertezza e la segretezza mantenuta fino all’ultimo nell’elaborazione della proposta di ordine del giorno. Ma il leader del PdD va oltre e dice di aver erroneamente lasciato il compito di preparare il documento proprio alle persone coinvolte, a chi era parte in causa. Il riferimento, Morganti non lo scrive ma lo si capisce chiaramente, è al capogruppo democristiano Claudio Podeschi. In pratica – aggiunge nella sua nota - abbiamo consentito che l’ordine del giorno, strumento principale di indirizzo politico del Consiglio, venisse usato come strumento di autodifesa personale in una commistione fra interesse personale e utilizzo degli strumenti pubblici che invece deve essere assolutamente evitato. Per questo - spiega – rimetto il mandato nelle mani del mio partito. E in chiusura delle sue riflessione il Segretario dei Democratici lancia un velato invito al Governo e, indirettamente alla Democrazia Cristiana, che dovrà pronunciarsi dopo la decisione di Francini. “Ritengo – scrive – che i fatti siano più che sufficienti per andare oltre le semplici attese degli atti giudiziari e che il Consiglio debba chiedere in modo chiaro al Segretari agli Interni di rimettere il proprio mandato poiché in discussione è proprio la credibilità delle istituzioni che lui stesso è chiamato in primis a tutelare”. Una presa di posizione del leader di uno dei tre partiti di maggioranza in linea con le richieste avanzate dalle opposizioni e rigettate dal Consiglio Grande e Generale nella stessa nottata in cui è stato invece approvato il documento in questione. Dichiarazioni che non mancheranno di sollevare un nuovo polverone politico.
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