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A tre giorni dall’avvio del congresso della Dc ci si chiede chi guiderà il partito di maggioranza relativa

24 nov 2010
A tre giorni dall'avvio del congresso della Dc ci si chiede chi guiderà il partito di maggioranza relativa
A tre giorni dall'avvio del congresso della Dc ci si chiede chi guiderà il partito di maggioranza relativa
Pasquale Valentini passa la mano. Ieri sera il segretario della dc ha annunciato che non si candiderà alla guida del partito, per lasciare il timone a chi seguirà la rotta tracciata nei suoi tre anni di mandato. Uno spiraglio però lo ha lasciato. Di fatto – ci ha detto – deciderà il congresso. La scelta di Valentini ha messo in movimento tutta la politica. Già ieri, in Aula, il segretario della dc è stato avvicinato dagli alleati del Patto che, a turno, gli hanno chiesto di rimanere alla guida del principale partito di maggioranza. Ma il pressing maggiore lo stanno facendo i delegati democristiani che, con telefonate, messaggi e anche qualche minaccia di disertare l’assise, insistono perché riveda la sua scelta. Il candidato più probabile alla segreteria adesso è Marco Gatti. Valentini si aspetta che la linea politica manifestata nell’ultimo Consiglio centrale, sia confermata dal Congresso. Vale a dire si prosegue l’esperienza del Patto e si porta avanti questo governo. A fronte di una crisi politica il rafforzamento della coalizione passa attraverso il dialogo con l’opposizione e l’area socialista in particolare. "Questa - ha rimarcato Valentini - non è la mia linea ma è quella che la Democrazia Cristiana ha scelto e dovrà rimanere come base certa della proposta congressuale". Il passaggio di consegne non nasconde qualche timore. "Il primo - dice Valentinini - è legato alla reale capacità della maggioranza di farsi carico dei problemi del Paese, senza che prevalga il gioco politico. Il secondo è che la Dc non sia in alcun modo un fattore di incertezza per la conduzione politica e non le sia attribuita una eventuale difficoltà in cui l’azione di governo possa inciampare. Non credo - conclude - che il Paese ce lo potrebbe mai perdonare".

Sonia Tura

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