La relazione conclusiva della Commissione Consiliare d'Inchiesta su presunte responsabilità politiche o amministrative legate alla vicenda "Cassa di Risparmio” poteva avere un esito forse scontato, tanti erano gli elementi già noti all’opinione pubblica, molte vicende come in una trama di una spy story erano stati resi pubblici dai vari protagonisti.
Meno scontato poteva essere il dibattito e la deliberazione finale del Consiglio Grande e Generale che alla fine, come avvenuto per la Commissione d’Inchiesta, ha avuto un esito univoco.
UPR ha firmato e votato favorevolmente la delibera finale del Consiglio Grande e Generale poiché abbiamo ritenuto equilibrato e sensato dare una risposta unitaria su un tema che coinvolge la più grande e antica banca della Repubblica di San Marino e ha portato il Paese sul baratro, pericolo di default finanziario.
Certo nel dispositivo finale si sarebbe potuto accentuare più alcune valutazioni o menzionare altri protagonisti o co-protagonisti di questa triste vicenda che tanti danni economici ha provocato alla Repubblica, ma il senso dell’appello finale “all’azione corale” comporta anche un’assunzione di responsabilità.
UPR non ritiene che con la relazione e la deliberazione si chiuda la vicenda, ci sono elementi, tanti elementi emersi dai lavori della Commissione che devono essere valutati, sia dal punto di vista etico, politico e giudiziario.
Ci sono comportamenti che non possono essere giustificati o considerati accettabili poiché in “buona fede”, oppure perché in condizione di emergenza velati da un “interesse nazionale” che è difficile scorgere.
L’insistenza, che emerge in tutti gli stralci delle audizioni riportate nella relazione, di concludere una vicenda indicando precisi parametri economici per chiudere un contenzioso societario, l’utilizzo di tutti i canali di relazioni (mai Istituzionali, spesso paralleli o appartenenti a mondi rivelatisi poi oggetto di inchieste giudiziarie) non è a giudizio di UPR accettabile.
I danni per il Paese sono evidenti e le giustificazioni adottate nel dibattito e nei media sono deboli, senza avere palesato da parte di nessuno dei protagonisti la benché minima assunzione di responsabilità o con modestia riconoscere gli errori commessi.
E di errori ce ne sono stati tanti: la nomina di un politico alla presidenza della Fondazione CARISP, la nomina del primo e unico presidente CARISP italiano legato ai soggetti che intendevano acquistare DELTA, il ruolo “anomalo” di un Magistrato sammarinese che si è adoperato per aggiustare una rogatoria e permettere ad un collega estero di ricevere i nominativi dei correntisti di CARISP.
La mancanza dei verbali del Comitato di Credito e Risparmio, oppure la latitanza di membri del CCR di allora sul caso CARISP schiacciati dall’iper-attivismo del Segretario di Stato per le Finanze, Gabriele Gatti. Il ruolo “passivo” o “neutro” del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Antonella Mularoni che appariva o scompariva in varie fasi dell’intricata vicenda, senza dare l’impressione di avere la consapevolezza di quanto accadeva o avere la volontà di limitare il ciclone “Gatti”.
La questione della lista dei 2.000 nominativi dei correntisti CARISP, scesi poi a 70, oggetto di una trattativa molto distante dagli interessi nazionali e dalle norme in materia di rogatoria, è un altro tema che deve essere approfondito che meriterebbe quasi un’altra commissione di inchiesta per accertare eventuali responsabilità a tutti i livelli.
La storia della decapitazione dei vertici BCSM che, con un tempismo straordinario, avviene proprio nel culmine della tempesta CARISP scatenando polemiche e invettive contro autorità di vigilanza estere o strane posizioni, per le quali ancora oggi il Paese sta pagando un prezzo altissimo in termini reputazionali.
Ora i cittadini avranno la possibilità di farsi un’idea precisa dei fatti leggendo i lavori della Commissione che sono disponibili sul sito internet del Consiglio Grande e Generale, ma rimane l’amarezza dei tanti soldi andati in fumo, oltre 600 milioni per la sola Cassa di Risparmio e per le occasioni sprecate per il rilancio del Paese.
Amarezza dei danni economici provocati al Paese, alla banca, alle decine di persone che hanno perso il lavoro e per quanti hanno chiesto nel 2009 e 2010 chiarezza senza avere mai conto di quanto stava accadendo.
Qualcuno qualcosa sapeva, come è emerso dai dibattiti, Governo e maggioranza erano perennemente in riunione, ma all’opposizione di allora doveva essere sufficiente avere qualche informazione durante sedute segrete del Consiglio in cui si lesse una lettera che non poteva essere consegnata – in quanto materiale riservato – non riservato però per un Giudice estero cui fu invece formalmente recapitata.
UPR auspica che la Magistratura, una volta ricevuta la relazione della Commissione, possa valutare eventuali profili di responsabilità, anche alla luce delle inchieste in corso e si possa in definitiva fare chiarezza su una pagina molto buia della storia recente della Repubblica.
Comunicato stampa Upr
Meno scontato poteva essere il dibattito e la deliberazione finale del Consiglio Grande e Generale che alla fine, come avvenuto per la Commissione d’Inchiesta, ha avuto un esito univoco.
UPR ha firmato e votato favorevolmente la delibera finale del Consiglio Grande e Generale poiché abbiamo ritenuto equilibrato e sensato dare una risposta unitaria su un tema che coinvolge la più grande e antica banca della Repubblica di San Marino e ha portato il Paese sul baratro, pericolo di default finanziario.
Certo nel dispositivo finale si sarebbe potuto accentuare più alcune valutazioni o menzionare altri protagonisti o co-protagonisti di questa triste vicenda che tanti danni economici ha provocato alla Repubblica, ma il senso dell’appello finale “all’azione corale” comporta anche un’assunzione di responsabilità.
UPR non ritiene che con la relazione e la deliberazione si chiuda la vicenda, ci sono elementi, tanti elementi emersi dai lavori della Commissione che devono essere valutati, sia dal punto di vista etico, politico e giudiziario.
Ci sono comportamenti che non possono essere giustificati o considerati accettabili poiché in “buona fede”, oppure perché in condizione di emergenza velati da un “interesse nazionale” che è difficile scorgere.
L’insistenza, che emerge in tutti gli stralci delle audizioni riportate nella relazione, di concludere una vicenda indicando precisi parametri economici per chiudere un contenzioso societario, l’utilizzo di tutti i canali di relazioni (mai Istituzionali, spesso paralleli o appartenenti a mondi rivelatisi poi oggetto di inchieste giudiziarie) non è a giudizio di UPR accettabile.
I danni per il Paese sono evidenti e le giustificazioni adottate nel dibattito e nei media sono deboli, senza avere palesato da parte di nessuno dei protagonisti la benché minima assunzione di responsabilità o con modestia riconoscere gli errori commessi.
E di errori ce ne sono stati tanti: la nomina di un politico alla presidenza della Fondazione CARISP, la nomina del primo e unico presidente CARISP italiano legato ai soggetti che intendevano acquistare DELTA, il ruolo “anomalo” di un Magistrato sammarinese che si è adoperato per aggiustare una rogatoria e permettere ad un collega estero di ricevere i nominativi dei correntisti di CARISP.
La mancanza dei verbali del Comitato di Credito e Risparmio, oppure la latitanza di membri del CCR di allora sul caso CARISP schiacciati dall’iper-attivismo del Segretario di Stato per le Finanze, Gabriele Gatti. Il ruolo “passivo” o “neutro” del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Antonella Mularoni che appariva o scompariva in varie fasi dell’intricata vicenda, senza dare l’impressione di avere la consapevolezza di quanto accadeva o avere la volontà di limitare il ciclone “Gatti”.
La questione della lista dei 2.000 nominativi dei correntisti CARISP, scesi poi a 70, oggetto di una trattativa molto distante dagli interessi nazionali e dalle norme in materia di rogatoria, è un altro tema che deve essere approfondito che meriterebbe quasi un’altra commissione di inchiesta per accertare eventuali responsabilità a tutti i livelli.
La storia della decapitazione dei vertici BCSM che, con un tempismo straordinario, avviene proprio nel culmine della tempesta CARISP scatenando polemiche e invettive contro autorità di vigilanza estere o strane posizioni, per le quali ancora oggi il Paese sta pagando un prezzo altissimo in termini reputazionali.
Ora i cittadini avranno la possibilità di farsi un’idea precisa dei fatti leggendo i lavori della Commissione che sono disponibili sul sito internet del Consiglio Grande e Generale, ma rimane l’amarezza dei tanti soldi andati in fumo, oltre 600 milioni per la sola Cassa di Risparmio e per le occasioni sprecate per il rilancio del Paese.
Amarezza dei danni economici provocati al Paese, alla banca, alle decine di persone che hanno perso il lavoro e per quanti hanno chiesto nel 2009 e 2010 chiarezza senza avere mai conto di quanto stava accadendo.
Qualcuno qualcosa sapeva, come è emerso dai dibattiti, Governo e maggioranza erano perennemente in riunione, ma all’opposizione di allora doveva essere sufficiente avere qualche informazione durante sedute segrete del Consiglio in cui si lesse una lettera che non poteva essere consegnata – in quanto materiale riservato – non riservato però per un Giudice estero cui fu invece formalmente recapitata.
UPR auspica che la Magistratura, una volta ricevuta la relazione della Commissione, possa valutare eventuali profili di responsabilità, anche alla luce delle inchieste in corso e si possa in definitiva fare chiarezza su una pagina molto buia della storia recente della Repubblica.
Comunicato stampa Upr
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