Il destino sa essere spesso atroce, ma il più delle volte è ironico. E così proprio a Berlino, dove un muro per quasi 30 anni ha cercato di tenere una parte della città nel passato, frenando l’avanzare del nuovo, due allenatori, fino a poco tempo fa legati da un patto di sangue, un po’ padre e figlio, un po’ fratelli, un po’ amici e un po’ colleghi proprio come i cittadini della Germania unita si troveranno l’uno di fronte all’altro separati da quel muro. In palio questa volta non ci saranno però territori e potere, ma solo un trofeo da alzare, l’Eurolega o se preferite per i nostalgici la Coppa dei Campioni.
Zelimir Obradovic e Dimitris itoudis saranno lì, a guidare i rispettivi eserciti, conoscendo i punti deboli dell’avversario, decisi a far valere il primo il peso del carisma, delle medaglie conquistate in battaglia e di quel pizzico di cattiveria indispensabile per spazzare via gli ostacoli fra sé e la gloria. Il secondo a imporre idee nuove e libere, anche per uscire dal cono d’ombra di chi lo ha reso quello che è.
Facile pensare, allora, che il piccone in mano per abbattere quel muro lo prenderà in mano per primo proprio il giovane Itoudis, mentre il canuto Obradovic sarà li ad aspettarlo, perché poi quello strato di mattoni così imponente è difficile da tirare giù, ci vogliono convinzione, organizzazione e spregiudicatezza. Tutta roba complicata da trovare in una persona sola.
Quando il muro vero cadde, a dare coraggio alla gente fu una concessione della DDr, la prima dopo molti anni, ovvero quella che le visite in Germania Ovest sarebbero state permesse. Il vertice della Germania dell’Est sentiva la pressione del nuovo, sempre più forte, e quel passo indietro scatenò il coraggio della gente: domani non sappiamo come finirà, ma statene certi che obradovic, quella concessione, quel passo indietro, non lo farà. Se ne starà lì dietro, fermo, al sicuro, protetto dal suo muro fatto di 8 Euroleghe vinte in carriera: e allora toccherà al giovane Itoudis fare la prima mossa. Non vorremmo essere nei suoi panni. E, forse, nemmeno lui. Obradovic-Itoudis, Itoudis e Obradovic Nella finale dell’Eurolega 2016 c’è una nuova ed affascinante storia ancora da scrivere.
Zelimir Obradovic e Dimitris itoudis saranno lì, a guidare i rispettivi eserciti, conoscendo i punti deboli dell’avversario, decisi a far valere il primo il peso del carisma, delle medaglie conquistate in battaglia e di quel pizzico di cattiveria indispensabile per spazzare via gli ostacoli fra sé e la gloria. Il secondo a imporre idee nuove e libere, anche per uscire dal cono d’ombra di chi lo ha reso quello che è.
Facile pensare, allora, che il piccone in mano per abbattere quel muro lo prenderà in mano per primo proprio il giovane Itoudis, mentre il canuto Obradovic sarà li ad aspettarlo, perché poi quello strato di mattoni così imponente è difficile da tirare giù, ci vogliono convinzione, organizzazione e spregiudicatezza. Tutta roba complicata da trovare in una persona sola.
Quando il muro vero cadde, a dare coraggio alla gente fu una concessione della DDr, la prima dopo molti anni, ovvero quella che le visite in Germania Ovest sarebbero state permesse. Il vertice della Germania dell’Est sentiva la pressione del nuovo, sempre più forte, e quel passo indietro scatenò il coraggio della gente: domani non sappiamo come finirà, ma statene certi che obradovic, quella concessione, quel passo indietro, non lo farà. Se ne starà lì dietro, fermo, al sicuro, protetto dal suo muro fatto di 8 Euroleghe vinte in carriera: e allora toccherà al giovane Itoudis fare la prima mossa. Non vorremmo essere nei suoi panni. E, forse, nemmeno lui. Obradovic-Itoudis, Itoudis e Obradovic Nella finale dell’Eurolega 2016 c’è una nuova ed affascinante storia ancora da scrivere.
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