Arriva la seconda sconfitta su due turni di campionato. Nulla di grave, per carità, se non fosse che ad uscire battuto dal Cibali di Catania non fosse un Cesena molle e tocchettaro in avanti; spaurito e disorganizzato in difesa. Un concentrato di difetti che, se non si cambia registro, preannuncia come minimo temporali se non ancora tempesta. Forse il caldo asfissiante siciliano può aver creato ulteriori problemi ma, quello che ha colpito, purtroppo negativamente, è che il Cesena sembra essersi dimenticato di una cosa fondamentale: che è una provinciale. Che significa sacrificio, grinta, voglia di combattere. A Catania invece non è successo nulla di questo. In 94 minuti i romagnoli hanno creato una sola occasione vera, giocando a ritmi da partita tra scapoli e ammogliati. Al 14' del primo tempo quando Comotto è stato liberato a pochi metri di Andujar, ma invece di sparare ha preferito il tocchetto morbido verso Mutu. I padroni di casa hanno ringraziato nell’occasione i bianconeri e più tardi il signor Gervasoni che, in pieno recupero ha concesso un rigore che solo Lui ha visto. Sull’ennesimo angolo evitabile, procurato da una difesa romagnola con la tremarella alle gambe, il direttore di gara ha punito un presunto fallo di Parolo su Del Vecchio. Stupore in campo e sugli spalti. Sul dischetto va Maxi Lopez. Ravaglia intuisce ma la potenza del tiro è tanta e la palla schizza in rete. Nella ripresa il Cesena è tutto un vorrei ma non posso. Neppure l’ingresso di Bogdani al posto di Ghezzal cambia le cose. Del resto giocare a quattro all’ora può solo trovare gli avversari pronti a controbattere e ripartire. Rimane l’1-0 finale e mercoledì arriva al Manuzzi la Lazio. Per Giampaolo e compagnia la strada si fa subito in salita. Il primo problema è convincere la truppa che Cesena non è Milano o Napoli. Serve correre e pedalare. Nel video le interviste a Vincenzo Montella (Alenatore Catania) e Marco Giampaolo (Allenatore Cesena)
Piero Arcide
Piero Arcide
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