Jack ha tenuto duro. Si è difeso chiudendo le traiettorie fino all'ultimo anche a quel male terribile che lo ha aggredito allo stomaco. Poi ha tolto il piede dal gas perché ad un certo punto anche mollare è un diritto sacrosanto. Di tutti, figuriamoci per chi come Brabham ha vinto 3 titoli mondiali di Formula Uno. Con la Cooper i primi due, con una vettura da lui stesso progettata il terzo. Per questo non è stato il più grande, ma è stato unico. Jack. Che prima ha guidato, poi costruito, poi scovato talenti. Ad esempio un certo Nelson Piquet. Ma Reutman, Lauda, anche Riccardo Patrese, Elio De Angelis, e nella seconda metà degli anni 80 anche Giovanna Amati perchè ormai le multinazionali dominavano la Formula Uno e per i piccoli era partita la corsa allo sponsorone e comunque i tempi dei trionfi erano ormai lontani. Ma intanto faceva debuttare Damon Hill, poi mondiale con la Williams. Il ritiro nel '92 e qualche passaggio nelle categorie minori con apparentamenti vari e nomi sciolti e mescolati. Il binomio con la Formtech finisce addirittura in tribunale e nel 2009 il vecchio Jack prova a reiscrivere la scuderia al Mondiale 2010. Sarebbe un colpo strepitoso, ma c'è un tempo per tutto. Mancano le coperture, si direbbe oggi. E Jack l'ha data su. Ha continuato a pensarci e pensare alle sue macchine fino agli 88 anni, fino a questa ultima mattina.
Roberto Chiesa
Roberto Chiesa
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