E’ scattato a sorpresa l’aumento del 300% dei canoni delle concessioni demaniali delle spiagge italiane. Un rincaro più volte rinviato dal governo Berlusconi con vari decreti mai convertiti in legge e di fatto definitivo dopo l’ultima scadenza non prorogata del 31 dicembre 2005. E come prevedibile la mancata proroga e la conseguente sicurezza di dover pagare di più ha scatenato proteste e prese di posizione, ad iniziare dalla decisione del coordinamento delle regioni che chiede di non riscuotere l’aumento nella speranza che il governo cambi idea. La Regione Emilia-Romagna, a sua volta, ha deciso prima di ridurre la quota tra il 70 e il 120%, poi di non applicare gli aumenti e infine ha già chiesto al nuovo governo italiano un confronto in merito decidendo nel contempo di non riscuotere maggiorazioni di canone fino a settembre. Ma un documento interregionale non può cambiare una legge finanziaria. Ciò è possibile solo con un atto di pari valore e nel caso l’aumento venisse confermato, è pronta ad entrare in vigore anche la delibera regionale, e per ridurre i costi i bagnini dovranno ricorrere per il ri-calcolo delle aree agli uffici regionali. Resta però aperta la polemica, non solo nelle istituzioni ma anche tra i bagnini. C’è anche chi borbotta che l’aumento sia stato voluto per punire le due regioni più turistiche del centro Italia, Toscana ed Emilia Romagna, qualcuno mette in evidenza che in certe regioni i canoni sono ancora definiti su valori ricognitivi, altri ancora che sulla riviera emiliano romagnola tutti i bagnini pagano mentre da altre parti si paga una percentuale molto bassa. Infine, alcuni temono di dover rivedere al rialzo i costi dei servizi di spiaggia e questo non farebbe bene al turismo.
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