L’inchiesta della Guardia di Finanza di Bologna, coordinata dal pm Antonella Scandellari, è scattata nel settembre del 2006 e ha portato alla scoperta di un giro di false fatturazioni riguardanti otto società bolognesi, per un ammontare di circa 17 milioni di euro. Gli indagati avevano anche indebitamente richiesto, con la compiacenza di due società calabresi, contributi comunitari non dovuti per un ammontare complessivo di oltre cinque milioni di euro. Per l’accusa il sistema fraudolento veniva portato avanti attraverso quindici società intestate a prestanomi, mediante l'acquisto di proprietà immobiliari che venivano poi ristrutturate, frazionate e rivendute con l'emissione di fatture false o di importo non corrispondente al vero.
Coinvolti un ex calciatore del Bologna e tre commercialisti: Gianni Mazzoni, Pierluigi Orsi e Gianfranco Trombetti. Quest’ultimo, con studio a Bologna ma residente a San Marino. “Si tratta di un clamoroso e tragico errore – ha detto il suo avvocato – sono sconcertato, nel fascicolo non c’è alcun elemento a carico del mio assistito”. Armando D’Apote ha già presentato richiesta di revoca dei domiciliari al tribunale della libertà di Bologna, e attende con ansia l’interrogatorio di garanzia “per – dice - sbandierare in faccia al magistrato l’innocenza del suo assistito”. Il nome del commercialista, infatti, sarebbe stato associato all’indagine semplicemente perché dal suo studio sono passate le dichiarazioni dei redditi in via telematica di due delle società coinvolte. “In realtà – prosegue il difensore – non si è mai occupato della loro contabilità, mentre le dichiarazioni sono state fatte da suoi collaboratori sulla base dei bilancini che venivano offerti”. Per il resto non ci sono nè intercettazioni né altri elementi a suo carico.
Coinvolti un ex calciatore del Bologna e tre commercialisti: Gianni Mazzoni, Pierluigi Orsi e Gianfranco Trombetti. Quest’ultimo, con studio a Bologna ma residente a San Marino. “Si tratta di un clamoroso e tragico errore – ha detto il suo avvocato – sono sconcertato, nel fascicolo non c’è alcun elemento a carico del mio assistito”. Armando D’Apote ha già presentato richiesta di revoca dei domiciliari al tribunale della libertà di Bologna, e attende con ansia l’interrogatorio di garanzia “per – dice - sbandierare in faccia al magistrato l’innocenza del suo assistito”. Il nome del commercialista, infatti, sarebbe stato associato all’indagine semplicemente perché dal suo studio sono passate le dichiarazioni dei redditi in via telematica di due delle società coinvolte. “In realtà – prosegue il difensore – non si è mai occupato della loro contabilità, mentre le dichiarazioni sono state fatte da suoi collaboratori sulla base dei bilancini che venivano offerti”. Per il resto non ci sono nè intercettazioni né altri elementi a suo carico.
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