Ultima giornata di lavori per il convegno internazionale dedicato ai 50 anni de La dolce Vita di Federico Fellini.Nel convegno si è parlato del linguaggio usato ma anche del lato psicoanalitico del regista riminese che nel suo film ha interpretato, e svelato, l’Italia in profonda crisi negli anni sessanta. Il cinema era l’avanguardia di una società in conflitto e inevitabile scatta il paragone tra cinema e psicoanalisi, che in comune hanno sia l’anno di nascita ufficiale, il 1895, che alcuni elementi. Un film infatti si guarda in un luogo buio così come il sogno appare durante il sonno e in un contesto altrettanto buio, ha spiegato Gino Zucchini, psicoanalista. Fellini, ha proseguito, è stato a modo suo psicanalista e sul set de La Dolce Vita si è fatto guidare dalla libera associazione che ha poi regalato, elaborata, allo spettatore. Preso in esame anche il linguaggio dal ricercatore Fabio Rossi, ad iniziare dal titolo, la dolce vita, inventato da Fellini perché secondo lui la vita poteva essere solo dolce, diventata affermazione comune entrando nei vocabolari, fino alla parola paparazzo ormai simbolo universale di fotografo d’assalto. In tarda mattinata la conferenza stampa di Manoel de Oliveira, considerato il più grande regista portoghese vivente, nato a Oporto il 12 dicembre 1908, e prossimo a festeggiare i 100 anni. Quest’anno la Fondazione Fellini premia De Oliveira e Tullio Pinelli, anche lui centenario e sceneggiatore del registra riminese.
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