Enrico Letta ha, notoriamente, numerose qualità su cui ci soffermeremmo un momento. Alcune sono evidenti come, fra le altre, l'intelligenza non solo politica, la riconoscenza per i suoi Maestri (cosa non da poco e non scontata, purtroppo), la capacità di dialogo nel rispetto reciproco (ancora più rara, almeno di questi tempi) e un sistema nervoso - in parte condizionato dalla buona educazione ricevuta - piuttosto solido. Ci sono però anche quelle meno evidenti. Ad esempio il coraggio. Di questi tempi in politica non è poco.
Una seconda qualità indiscutibile - accompagnata alla capacità di dialogo concreto e rispettoso delle reciproche identità - è quella di conoscere bene l'arte di tacere. Questo - e non solo questo - lo accomuna al Presidente Draghi, altro personaggio che ha passato la vita decidendo lui quando e come parlare con i media. Ha avuto coraggio - e questo è indiscutibile - ad accettare una sfida come quella di gestire un condominio rissoso come l'attuale Pd. Ma chi te lo fa fare? Qualcuno - compreso chi lo conosce e lo stima da sempre, come chi scrive - se lo è chiesto.
A Parigi ha costruito una realtà come l'Institut d'études politiques, che in pochi anni è diventata un riferimento in tutto il mondo. Senza contare la Summer School di Cesenatico, ormai appuntamento romagnolo fisso di formazione. Eccetera eccetera perché i curriculum, o curricula che dir si voglia - quelli veri - anche in Italia dovrebbero insegnare qualcosa. Eppure Letta rimette tutto in gioco e ci prova nonostante lo sgradevolissimo addio a Palazzo Chigi. Per inciso, nella sua lunga intervista del febbraio 2017 che Rtv ripropone questa sera alle 22.05, fra le molte cose, Letta ricostruisce in modo imperdibile il famoso passaggio del campanellino a Palazzo Chigi con Renzi.
Torniamo al coraggio dunque. Ma anche al rigore intellettuale di capire il momento di un Paese che non ha più tempo né voglia delle piccole divisioni e degli inciucetti, degli odi di banda tipici dei mediocri - "l'odio è semplicemente roba da stronzi", diceva un altro grande leader politico europeo - e quindi nonostante tutto la sua scelta diventa comprensibile e onorevole. In Europa, e non solo, è conosciuto e stimato, il che non è poco in tempi di G20 a guida italiana e di Recovery Fund. Di un paio di cose siamo certi. Se non potrà operare secondo coscienza, saprà andarsene - le dimissioni senza se e senza ma, costi quel che costi, le ha già date più volte - quando lo deciderà lui, ricostruendo nel caso un suo nuovo presente, strada che peraltro ben conosce.
Saprà creare nel Pd un nuovo contesto prima di tutto umano, recuperando lo spirito dell'Ulivo che lo aveva visto fra i principali protagonisti? Dipende molto dalla base cui si è appellato. Scavalcare le correnti non è mai facile ma è sempre necessario perché le correnti sono un tumore alla lunga mortale (agiscono esattamente come questa patologia in una comunità) per qualsiasi contesto. Nella lunga intervista a Rtv, Enrico Letta parla anche di San Marino. Delle sue potenzialità e della sua identità. E' un passaggio importante e dimostra attenzione e amicizia nei confronti di questa Repubblica, che peraltro ben conosce e in cui ha molti amici.
In bocca al lupo, dunque, per un compito non facile ma Enrico Letta - purtroppo per lui, verrebbe da dire con molto affetto - è l'unico in questo momento a poterlo fare.
cr