Dei 170 scatoloni che ora si trovano nei locali del tribunale, oltre 100 sono targati Finproject. Il lavoro dei tecnici specializzati è partito proprio da questi, da quelle carte cioè che non avrebbero dovuto trovarsi nella sede della finanziaria in liquidazione coatta amministrativa ma già nelle mani del liquidatore. E se al momento della turbolenta perquisizione delle scorse settimane il personale non avesse reagito barricandosi, costringendo il commissario della legge ad intervenire e sequestrare tutto, lì sarebbero rimaste. In quelle carte il giudice Vannucci sta cercando conferme a movimentazioni sospette di denaro provenienti dalla Russia o dalla Cina e ad alcune operazioni interne. Ci vorranno molti mesi e l’intera indagine aperta per riciclaggio è stata secretata. Inutile pertanto trovare conferma ad indiscrezioni relative al coinvolgimento di personalità di spicco, sammarinesi e non. Bocche cucite anche sulle tre cassette inizialmente rimaste indenni al maxi sequestro: Gian Luca Bruscoli, ex presidente Pradofin e consigliere di Finproject, nella sua funzione di consigliere d’ambasciata presso la Libia aveva infatti tentato di opporsi alla loro consegna spiegando che contenevano un segreto di stato libico. Segreto che secondo la convenzione di Vienna che regola la funzione diplomatica può essere opposto solo nel luogo in cui esercita la funzione. Nullo a San Marino pertanto e già all’esame della giustizia. Contiene effettivamente documentazione libica, altro non trapela. Un ulteriore conferma comunque dello stretto legame tra il sistema bancario sammarinese e la Libia, dove fu ambasciatore fino al momento dell’arresto Lucio Amati, presidente del Credito Sammarinese, la piccola Banca finita nell’inchiesta Decollo Money della Procura di Catanzaro.
Sara Bucci
Sara Bucci
Riproduzione riservata ©