“Ora del fuoco non voglio più sapere niente”. Così ha parlato Gino Guidi, in tribunale davanti al commissario della legge Vittorio Ceccarini, chiamato a parlare di quanto accaduto l’anno scorso, fino all’arresto del 6 marzo, quando era stato bloccato in flagrante dalla gendarmeria mentre appiccava il fuoco all’ennesimo cassonetto.
Più tardi aveva confessato i 25 episodi, con 35 cassonetti dati alle fiamme oltre al fuoco appiccato, ma subito spento, alla catasta di legna nei pressi di casa Vicini il 27 febbraio 2007.
Oggi gli ultimi testi, compresa la famiglia Vicini che ha raccontato del grande spavento provato quando aveva visto le fiamme sprigionarsi dalla catasta. Il danno materiale, alla fine, era stato di poco conto, ma accanto c’era un capanno per gli attrezzi ed un recinto con animali da cortile.
Erano poi stati ritrovati rudimentali inneschi, maniche di camicia e calzini, riempiti di diavolina imbevuta di alcol.
Il procuratore del fisco Cesarini aveva chiesto 1 anno e 3 mesi, chiedendo però la derubricazione del reato di mancato pubblico disastro in pericolo di disastro.
L’avvocato difensore, Antonio Masiello, per questo aveva invece chiesto l’assoluzione, a suo dire mancando l’elemento soggettivo e oggettivo del reato.
Alla fine il giudice ha comunque riconosciuto la confessione utile e spontanea resa e concesso sia la sospensione che il beneficio della non menzione.
Più tardi aveva confessato i 25 episodi, con 35 cassonetti dati alle fiamme oltre al fuoco appiccato, ma subito spento, alla catasta di legna nei pressi di casa Vicini il 27 febbraio 2007.
Oggi gli ultimi testi, compresa la famiglia Vicini che ha raccontato del grande spavento provato quando aveva visto le fiamme sprigionarsi dalla catasta. Il danno materiale, alla fine, era stato di poco conto, ma accanto c’era un capanno per gli attrezzi ed un recinto con animali da cortile.
Erano poi stati ritrovati rudimentali inneschi, maniche di camicia e calzini, riempiti di diavolina imbevuta di alcol.
Il procuratore del fisco Cesarini aveva chiesto 1 anno e 3 mesi, chiedendo però la derubricazione del reato di mancato pubblico disastro in pericolo di disastro.
L’avvocato difensore, Antonio Masiello, per questo aveva invece chiesto l’assoluzione, a suo dire mancando l’elemento soggettivo e oggettivo del reato.
Alla fine il giudice ha comunque riconosciuto la confessione utile e spontanea resa e concesso sia la sospensione che il beneficio della non menzione.
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