Alto, dinoccolato, dall’incedere goffo, timido e introverso. Poi si siede e si trasforma, sublima e trascende.
Suona ingobbito sulla tastiera in un’estasi totalizzante che non ammette intrusioni.
Talento è solo una parola e non basta a descriverlo. Estro non ne racconta la profondità emotiva.
E’ riuscito a far “cantare” con chiarezza e passione l’ostile partitura di Prokofiev, quel 3° concerto tanto caro alla scuola russa che ha già il sapore del Novecento, del secolo torturato dalle guerre e le cui note esprimono il dolore con modernità.
E vince, dall’alto dei suoi 17 anni, vince contro due avversari di valore, perché il concorso è stato duro.
Suona ingobbito sulla tastiera in un’estasi totalizzante che non ammette intrusioni.
Talento è solo una parola e non basta a descriverlo. Estro non ne racconta la profondità emotiva.
E’ riuscito a far “cantare” con chiarezza e passione l’ostile partitura di Prokofiev, quel 3° concerto tanto caro alla scuola russa che ha già il sapore del Novecento, del secolo torturato dalle guerre e le cui note esprimono il dolore con modernità.
E vince, dall’alto dei suoi 17 anni, vince contro due avversari di valore, perché il concorso è stato duro.
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