152 licenze aziendali sospese negli ultimi mesi per il mancato pagamento della tassa che autorizza ad operare. Questo il dato diffuso dalla Segreteria Industria, elemento base da cui partire per approfondirne la posizione societaria e capire, o almeno provare ad intuire, il perché queste attività siano cessate: se, da una parte, la crisi economica abbia influito in maniera dirompente sulla loro operatività, costringendole a chiudere i battenti; oppure se, dall'altra, si tratti di società cosiddette “fantasma”, che nulla hanno portato all'economia sana del Paese, dunque senza alcuna ragione di esistere in virtù delle nuove norme sulla trasparenza. Spesso, in passato, l'assenza di dipendenti ha rappresentato un segnale indicativo in questo senso. Passando ai numeri: attualmente 131 aziende delle totali 152 sono chiuse pur avendo ritirato la raccomandata che invita al pagamento della tassa di licenza. Registrata la presenza di 50 dipendenti, distribuiti però solo su una ventina di esse, 6 inoltre avevano già avviato precedentemente le procedure di mobilità. Tuttavia salta all'occhio che oltre 100 imprese non diano occupazione, il che genera qualche sospetto sulla loro natura, anche se va ricordato che per regolarizzarsi c'è tempo fino a settembre, dopodiché scatterà la revoca. 21 aziende inizialmente sospese, sempre sul totale di 152, si sono invece nel frattempo riattivate per aver versato l'imposta. Di queste, 4-5 hanno dipendenti (27 in totale, più o meno 7-8 per azienda), mentre le altre 17 società non hanno alcun lavoratore a libro paga. 11, in aggiunta, non hanno neppure ritirato la raccomandata. Una risulta avere un solo dipendente, le rimanenti 10 nessuno. Qui il sospetto si fa più consistente, e non appare particolarmente azzardato pensare si tratti per lo più di società fittizie, di pura facciata.
Silvia Pelliccioni
Silvia Pelliccioni
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