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Maternità e lavoro, Usl chiede d'intervenire su “norme non più al passo coi tempi”

Il sindacato punta il dito sulle discriminazioni che subiscono le donne incinte e che sono da poco diventate mamme. "Una grossa piaga" per il segretario generale Francesca Busignani

18 lug 2024
Immagine di repertorio
Immagine di repertorio

“Una grossa piaga”. Non usa mezzi termini il segretario generale Usl, Francesca Busignani, per descrivere le discriminazioni sul lavoro per le donne incinte o che hanno già messo a luce un bimbo. Nonostante la letteratura sia ormai unanime nell'affermare che la presenza di donne fa andare meglio le aziende, spesso, prosegue la Busignani, i datori di lavoro vedono la gravidanza come un ostacolo alla produttività. Il fenomeno nel mondo del lavoro è noto come child penalty, ovvero la disuguaglianza che nasce nel momento in cui la donna ha il primo figlio.

Ma i problemi nono sono finiti qua. Se ad esempio, prosegue una nota, una donna che desidera star vicino al proprio figlio, chiede il part time post partum e poi a poca distanza di tempo dalla precedente gravidanza, diventa di nuovo mamma, si trova a percepire, prima il 100% come congedo per gravidanze e puerperio, poi il 40% come congedo parentale fino all’anno di vita del bambino e infine un ulteriore 20% sempre come congedo parentale fino ai 18 mesi di vita del bambino, di uno stipendio già ridotto perché calcolato sul part-time.

“Questo accade – specifica il Segretario della Federazione servizi e commercio, Marco Santolini – anche se la mamma decide di rientrare al lavoro a tempo pieno negli ultimi mesi di gravidanza prima dell’entrata nel periodo di astensione dal lavoro come congedo per gravidanza e puerperio”. Il calcolo delle indennità, infatti, avviene retroattivamente considerando le buste paga precedenti. Gli importi vengono conteggiati sulla base di una vecchia norma, datata 1955.

Ancora più gravi, secondo l'Usl, le incognite per le mamme che un lavoro non ce l’hanno e che oltre a non aver uno stipendio, non percepiscono nemmeno la maternità e successivamente neanche gli assegni familiari.

Il sindacato chiede al nuovo esecutivo d'intervenire sia con campagne di sensibilizzazione, sia modificando norme non più al passo con i tempi.





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