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È durato circa tre ore, a Palazzo Chigi, l'incontro fra il governo e i vertici di ArcelorMittal che hanno annunciato il ritiro dall'accordo per l'acciaieria ex Ilva di Taranto. Al momento fiato sospeso e bocche cucite sulla trattativa. Una conferenza stampa è stata convocata in serata al termine del Consiglio dei Ministri. Il colosso siderurgico franco-indiano, nel frattempo, ha inviato ai sindacati comunicazione formale dell'avvio della "retrocessione dei rami d'azienda unitamente al trasferimento dei relativi dipendenti". L'annuncio ha fatto partire lo sciopero immediato a Taranto proclamato dalla Fim. Ma le altre sigle sindacali hanno preferito in queste ore sospendere ogni decisione e l'azienda ha disposto per un'ottantina di operai l'obbligo di presentarsi al lavoro. ArcelorMittal nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10.777 dipendenti ha spiegato che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale - osserva - costituiva «un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all'operazione né, tanto meno, di instaurare il rapporto disciplinato dal contratto». In mattinata presidio di lavoratori e cittadini davanti allo stabilimento. "Per Taranto – dicono - devono trovare la soluzione i politici, inutile ammazzarsi tra di noi in una guerra tra poveri”.