Le chiamano “Grandi dimissioni” e il fenomeno arriva anche in Italia, con oltre un milione e mezzo di dipendenti che si sono licenziati, in 9 mesi, nel 2022. Per scelta – in cerca di carriera o paga più alta – o per necessità – per seguire la famiglia o uno stile di vita più sereno. Ma di contro, per l'ISTAT, aumentano gli occupati, con un tasso al 60,5%, il più alto dal 2004.
“C'è un nuovo dinamismo. Perché è vero che ci sono state un milione e mezzo di dimissioni, ma al tempo stesso, queste dimissioni non sono state persone che hanno abbandonato il lavoro, ma si sono trasferite in altri lavori. E' un saldo positivo: di fronte a grandi dimissioni, ci sono state, in tempo anche ristretto, grandi assunzioni. Siamo a un milione e 600mila di assunzione, con un saldo positivo di circa 10mila persone. Il dinamismo del mercato del lavoro rispecchia il dinamismo di una economia in cui alcuni settori vanno in declino, perché la rivoluzione tecnologica è così veloce che fa declinare alcune attività - il piccolo commercio, alcune del manifatturiero - ma ne stanno nascendo nuove e si sviluppano e quindi c'è un trasferimento di professionalità”.
In parallelo, un'altra tendenza: è allarme manodopera, nella difficoltà di reperire forza lavoro, in particolare, per settori specifici come l'artigianato o nelle attività dell'accoglienza e della ricettività, soprattutto stagionale.
“Abbiamo le alte qualificazioni, è lì la difficoltà di trovare manodopera non è tanto un problema di stipendi, ma di mancanza di figure altamente qualificate. E qui è problema di capacità dei nostri sistemi formativi di formare alcune figure richieste, soprattutto nel campo delle nuove tecnologie. Le aziende infatti si stanno attrezzando creando delle scuole interne. Nelle figure invece più basse, c'è spesso un problema di difficoltà di trovare lavori non qualificati, spesso perché non pagati bene, perché sono lavori disagiati. C'è questo tema della difficoltà della fascia bassa del mercato del lavoro, nel campo dei servizi, dei lavori stagionali. Alcune persone non vogliono spostarsi solo per tre o sei mesi”.
Nel video, l'intervento del sociologo Franco Amicucci